L’amministratore delegato dell’Inter Beppe Marotta ha lanciato un grido d’allarme, uno sfogo vero e proprio tramite un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore. In questo intervento, Marotta ha biasimato il Governo per le scarse misure a supporto del mondo del pallone italiano, paventando una situazione economico-finanziaria disastrosa anche nei confronti degli altri tornei europei:
“E’ indubbio che con mascherina ffp2, super green pass e la capienza ridotta al 50% gli impianti all’aperto siano spazi sicuri. Aver dovuto ridurre gli ingressi a 5mila spettatori è stata un’ulteriore dimostrazione di serietà e un ulteriore sacrificio per noi. Per questo negli ultimi provvedimenti del Governo come la legge di Bilancio e il decreto Ristori ci saremmo aspettati più considerazione”.
Il tema stadi, con tutte le misure di prevenzione e la riduzione ulteriore della capienza massima a 5000 spettatori, è al centro del problema:
“Con le misure di contenimento che abbiamo già, se la Francia si prepara ad accogliere il 100% di tifosi, come già in Inghilterra, che senso ha per noi restare inchiodati a cifre più basse. Il nostro mondo fa fatica a farsi riconoscere per quello che è, però come si fa a ignorare il fatto che il calcio professionistico è un comparto industriale come gli altri? Che ha un giro d’affari pre pandemia di quasi 4 miliardi e ne versa all’Erario ogni anno 1,2?”.
Marotta regala una riflessione anche sul modo in cui i club potrebbero essere gestiti:
“Non c’è dubbio che si debba creare un modello più sostenibile, riducendo gli ingaggi. Calciatori e sindacati non possono celarsi dietro i contratti principeschi firmati in epoca pre-covid. Ma attenzione ai tagli eccessivi. Non possiamo permetterci di perdere competitività a vantaggio dei tornei stranieri. Sarebbe un circolo vizioso. Semmai dobbiamo far crescere i ricavi. Servono interventi per favorire l’edificazione di nuovi stadi, serve ripensare a un progetto di media company magari in partnership con i fondi, come ha fatto la Liga e stanno valutando altre Leghe, e nuovi format delle competizioni deciso dai club che sopportano il rischio d’impresa e non calati dall’alto da Fifa e Uefa”.
Infine un vero e propri auspicio per quello che sarà il futuro:
“Mi accontenterei di un ministro dello Sport che concentri poteri e risorse e possa aiutarci con il dialogo a salvare il calcio e a riformarlo”.