Dortmund — Oscurate dall’indagine dell’Uefa su Demiral, che ha celebrato i due gol all’Austria col saluto nazionalista dei Lupi Grigi, vietato in alcuni paesi, l’Austria per esempio, come gesto di natura fascista e potenzialmente terroristico, le feste nelle piazze tedesche per i successi della Turchia (che per la prima volta partecipa a un torneo organizzato qui) sono ormai la regola.
Un caso internazionale
Ma il gesto dell’ex juventino è diventato un caso diplomatico. L’ambasciatore tedesco ad Ankara è stato convocato dal ministero degli Esteri turco, dopo che la ministra dell’Interno, Nancy Fraeser, aveva chiesto di aprire appunto un’inchiesta (definita dal governo turco “inaccettabile, la reazione della Germania è xenofoba”) sul calciatore. Il quale si è spiegato così: «Una celebrazione legata alla mia identità turca, ho fatto un gesto che fanno i nostri tifosi per esprimere il mio orgoglio. Sono felice di averlo fatto e spero di poterlo rifare». A Euro 2020, Demiral festeggiò con il saluto militare: erano i giorni in cui la Turchia era in guerra con la Siria. A Lipsia, in ogni caso, si sono distinti anche i tifosi austriaci, che hanno intonato cori razzisti («Fuori gli stranieri dalla Germania») su cui indaga la polizia. Gregoritsch, l’autore del gol austriaco, a fine partita era indignato un po’ per tutto: «Dovremmo allontanarci molto dalle idee di destra e ricordarci di quanto sia importante sentirci uguali e uniti».
La festa turca
Di sicuro, in questi giorni si sentono uniti i turchi di Germania: anche l’altra notte impazzavano i clacson e le zone pedonali si sono riempite di uomini e donne, giovani e adulti, ragazzini e anziani e a danzare l’halay con le casse acustiche fuori dai negozi di kebab, c’erano ragazze con l’ombelico scoperto e altre col velo.
Il fenomeno è del tutto normale, essendo quella turca la comunità più numerosa (tre milioni e mezzo di persone) conseguenza dell’accordo che nel 1961 governo federale firmò con Ankara per attirare manodopera che sostituisse quella della Germania orientale, di colpo assente. Quando il muro si è sgretolato, nel 1989, molti di quei lavoratori erano già padri di figli nati qui e i nipoti adesso sono spesso figure importanti della società tedesca. C’è anche un ministro, il verde Cem Özdemir, titolare dell’Agricoltura.
Nel calcio, nelle serie minori sono moltissimi i club “turchi” (Türkspor Dortmund o Türkiyemspor Bochum, per esempio), ma l’emersione dei talenti è stata favorita dal reclutamento organizzato per la federcalcio di Ankara a partire dagli anni Duemila da Erdal Keser, ex attaccante del Dortmund, che setacciò i giovani di radici turche convincendoli a scegliere la nazionale dei padri.
Intrecci tra Germania e Turchia
Gli intrecci si sprecano: ci sono tre calciatori di origine turca nella Germania (Gündogan, Emre Can, Undav) e cinque nati in Germania nella Turchia (Çalhanoglu, Yildiz, Ayhan, Tosun e Özcan). Gündogan, l’attuale capitano della Mannschaft, è nato a Gelsenkirchen da genitori turchi e, secondo un sondaggio, per il 14% dei tedeschi non dovrebbe indossare la fascia. Ma anche una parte di turchi gli è ostile: l’interista Çalhanoglu, nato a Mannheim, alluse a lui, quando si disse “un vero turco”. Ora la prospettiva di una finale Germania-Turchia non è inverosimile. Tocca a un italiano provarci. Montella, ct alle prese con infortuni, squalifiche (Kökcü e Yüksek) e il caso Demiral, è l’unico italiano che ci resta.