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Uruguay pazzo di Bielsa, una squadra in missione per conto del Loco

La Celeste ha eliminato il Brasile ai rigori nei quarti di coppa America scrivendo un’altra pagina leggendaria della sua storia. La firma è del tecnico argentino, da poco più di un anno al comando della Nazionale

Quando c’è Marcelo Bielsa tutto corre nella direzione dell’epica, persino il giro di giostra dei rigori, quando il destino si decide per una zolla, un riflesso, un angolo di tiro calcolato più o meno bene. E dunque: l’Uruguay in missione per conto del Loco ha guadagnato la semifinale di Coppa America, affronterà la Colombia (5-0 contro Panama) dello scatenato James Rodriguez, mattatore del torneo.

La vittoria ai rigori sul Brasile

La Celeste stanotte ha eliminato il Brasile – decisivi gli errori di Eder Militao e Douglas Luiz – e ha scritto un’altra leggendaria pagina della sua storia, sempre nel solco della sofferenza: a un quarto d’ora dal 90° l’espulsione di Nandez ha lasciato infatti la squadra in inferiorità numerica. La firma a piè di pagina dell’impresa, va da sé, è dell’illuminato che un giorno disse: “Il successo è deformante, perché rilassa e inganna. L’insuccesso al contrario è formativo”.

Pazzi di Bielsa

Consapevole che solo dalla sconfitta si può partire, Bielsa sta cominciando ad apprezzare le conseguenze dell’amore che la vittoria porta in dote. Sia detto per la cronaca: la Celeste non vince un trofeo da tredici anni, da quando nel 2011 alzò la Coppa America. In Uruguay sono pazzi di lui. E non potrebbe essere altrimenti. E’ facile innamorarsi di quest’uomo. E’ andata più o meno così ovunque, dall’Argentina al Cile, da Leeds a Marsiglia fino a Bilbao.

Caccia al colpo grosso

Stavolta l’allineamento delle stelle e dei pianeti ha portato quest’uomo a sedersi sulla panchina di una delle nazionali più iconiche del mondo. In poco più di un anno (è stato nominato ct nel maggio 2023) Bielsa – alla 3ª esperienza sulla panchina di una nazionale dopo aver guidato Argentina e Cile – ha cambiato i connotati di una squadra che poggiava la propria identità, sulla “garra charrua”, europeizzando la mentalità di gioco (difesa robusta, verticalizzazioni improvvise) senza tuttavia perdere l’impronta sudamericana. Già tra ottobre e novembre dell’anno scorso aveva battuto – nel girone di qualificazione ai Mondiali – Brasile e Argentina (2-0 in entrambe le occasioni); ora sta tentando il colpo grosso: vincere quella Coppa America che gli era sfuggita esattamente vent’anni fa, quando la sua Argentina perse la finale (toh, ai rigori) proprio contro la Selecao.

L’Uruguay, stelle e giovani

Nell’Uruguay di Bielsa – la squadra con l’età media più giovane del torneo – ci sono due stelle di caratura internazionale come Federico Valverde (Real Madrid) e Darwin Núñez (Liverpool), altre eccellenze come Manuel Ugarte (Psg), Ronald Araújo (Barcellona), calciatori rivalutati come Nicolàs De La Cruz e Giorgian De Arrascaeta (Flamengo), più una batteria di nostre conoscenze come Matias Olivera (Napoli), Rodrigo Bentancur (Tottenham), Nahitan Nández (Al-Qadisiya), Matias Viña (Flamengo) e un mostro sacro – il 37enne Pistolero Luis Suarez – che nonostante sia andato a svernare con l’amico Messi a Miami risulta l’ultimo sopravvissuto della precedente generazione di campioni. Uno per tutti, tutti per uno, nello specifico: Marcelo Bielsa.

Perché anche stavolta al Loco sta riuscendo la più complicata delle equazioni. Costruendo squadre, Bielsa crea una comunità di persone. Offrendo ai suoi discepoli una visione, Bielsa indica un orizzonte. Andate e fate, siate duri senza mai perdere né la gentilezza e nemmeno un tackle: l’ha detto Che Guevara, che come Bielsa è nato a Rosario (la città, certo, ma considerando lo spessore dei due uomini in questione, pure la pratica devota che ne deriva).

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