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L’Arabia e l’orgoglio: Osimhen e Dybala, giù la maschera

È sempre domenica – La rubrica di Gabriele Romagnoli

A un incrocio di destini che portava in Arabia Saudita si sono sfiorati due calciatori: Paulo Dybala e Victor Osimhen. Il primo ha fatto inversione a U ed è tornato indietro, il secondo è rimasto fermo, con il motore in folle, precluse altre deviazioni, bruciati i ponti alle spalle. E adesso, ricchi uomini? Vediamo. Dybala è stato re per una notte. La sera del suo gran rifiuto lo hanno trattato da eroe. Un portatore sano di principii, un esempio. Gli è stata giurata gratitudine perpetua dalla città che con l’eterno gioca a dadi. Gli è stato proposto l’onore supremo: la maglia di Totti. Lo hanno omaggiato da ogni pulpito, si è inchinata la politica, che di valori se ne intende. Poi la Roma ha perso in casa con l’Empoli, Dybala non ha fatto miracoli, ma soltanto preso un palo nel recupero, la sua maglia è rimasta la numero 21 e si è accodato alla mensa di marziani divorati a Roma. È tornato alla mente Adriano Pappalardo quando, reaparecido di successo alla prima Isola dei Famosi, pensò di essere tornato alla grande ribalta e preparò un concerto a cui mancò soltanto il pubblico: si era ricordato perché lo avesse trascurato. Così, a mente fredda, il tifo giallorosso si è ricordato che l’eroe argentino gioca una ventina di partite l’anno, ha una gran bella calligrafia, ma scrive spesso con l’inchiostro simpatico e non lascia troppi segni sulla pagina.

Oshimen invece nell’ultimo atto della commedia un po’ ci sta rimettendo la faccia (se 6 milioni l’anno gli sembran pochi), ma da tempo aveva perso la maschera, protettiva e scaramantica. Da quando, nel marzo del 2023, smarrì il suo portafortuna, non gliene è più andata bene una. Vinti per inerzia lo scudetto e la classifica cannonieri di quell’anno, nel successivo ha partecipato passivamente al crollo del Napoli, alla finale di Coppa d’Africa persa dalla sua Nigeria. Si è infortunato, ha giocato poco e svogliatamente, segnato meno, visto il suo valore scendere al di sotto della clausola fissata da un presidente che, rimpiangendo di non averlo venduto prima, non lo vende adesso. Gli acquirenti sperati, da lui e da Osimhen non si sono presentati. Si è invece presentato Lukaku, l’amuleto di Conte, per prendere il suo posto. Una macumba. E davanti, soltanto il deserto.

Il punto è che le due società non li volevano più (in modo chiaro il Napoli, ma pure la Roma). E che loro (in modo chiaro Osimhen, ma pure Dybala) non volevano più restare. Poi succede che i castelli all’orizzonte possano rivelarsi di sabbia ed essere desiderati un pericoloso miraggio, il miraggio di Osibala.

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