Ad ogni fallimento della Nazionale segue un dibattito in cui si ipotizza una cura, animati dalle migliori intenzioni ci si prefigura un rimpasto quindi si attende – seduti in panchina – la rivoluzione. Che però non (sempre) arriva. Solitamente la prima uscita post-flop degli azzurri custodisce una traccia di futuro. Vedremo come andrà in Nations League con la Francia, la più temibile delle avversarie dopo lo sciagurato Euro 2024.
I Mondial saltati nel 2018 e nel 2022
Il passato invita alla cautela. Nel marzo 2022 ci giocammo la qualificazione al Mondiale in Qatar, perdendo lo spareggio con la Macedonia del Nord. Cinque giorni dopo la fatal Palermo era in programma la più insulsa delle amichevoli, in Turchia. Vincemmo 3-2, doppietta di Raspadori, prima da titolare per Scamacca: Mancini (che probabilmente già considerava l’addio) fece quello che poteva, cioè poco. Il Rinascimento del Mancio aveva già esaurito le sue scorte. Era invece il novembre del 2017 quando non riuscimmo a timbrare il pass per il Mondiale russo dell’anno successivo. Ricordate? 0-0 nella partita di ritorno a San Siro con la Svezia, dopo l’1-0 per loro all’andata. Era l’Italia di (S)Ventura. Piombammo in uno stato di prostrazione a cui non eravamo abituati: guardavamo il Mondiale da casa dopo sessant’anni.
Di Biagio traghettatore
L’Italia tornò in campo molto tempo dopo, a cinque mesi di distanza, con la Figc nel caos, senza un ct nominato ufficialmente. In panchina ci andò Gigi Di Biagio. Nell’amichevole di Manchester affrontammo l’Argentina, che giocò in ciabatte. Perdemmo 2-0. Dei superstiti che erano stati sbattuti fuori dalla Svezia cinque mesi prima in campo – tra i titolari – c’erano Buffon, Florenzi, Bonucci, Chiellini, Parolo, Jorginho e Immobile. Sette giocatori su undici. Era cambiato tutto, non era cambiato nulla. Tra le lacrime, nel post-sciagura di San Siro, il solo Barzagli si era sfilato, chiudendo la sua avventura in Nazionale.
Conte e i quarti di Euro 2016
Quando uscimmo dal Mondiale del 2014 in Brasile, al primo turno, avevamo ancora il morso di Suarez sul collo. Era giugno, la nazionale del nuovo ct Conte, che aveva sostituito il dimissionario Prandelli, ripartì dopo l’estate – a inizio settembre – con un confortante 2-0 sull’Olanda in amichevole, primo passo verso un biennio che si sarebbe chiuso con il raggiungimento dei quarti a Euro 2016.
Prandelli, avvio da dimenticare
Altro passo indietro, altro fallimento da cui ripartire. Il Mondiale sudafricano del 2010 è una pena, anche quella volta usciamo al primo turno, fatti fuori dalla Slovacchia. Si chiude il Lippi-bis, comincia il viaggio di Prandelli. Che però parte zoppicando, con la sconfitta – e le conseguenti polemiche – in amichevole a Londra contro la Costa d’Avorio. Nel rileggere quella formazione-sperimentale riemergono dalla nebbia del passato nomi bizzarri nella storia azzurra, quali i terzini Motta e Molinaro e il mediano Palombo.
La rivoluzione di Vicini
Ci sono stati infine, nella storia della nostra nazionale, altri due momenti spartiacque decisivi. A metà degli Anni 80, quando si chiude l’era Bearzot dopo il trionfale mondiale di Spagna 82, la mancata qualificazione a Euro 84 e il successivo Mondiale del 1986 in Messico chiuso agli ottavi, per mano della Francia. Tocca a Vicini, che promuove nella nazionale maggiore praticamente tutta la sua U21. Un po’ alla volta, partita dopo partita, ecco Zenga e Vialli, Maldini e Giannini, Donadoni e Mancini: quanta grazia, all’epoca avevamo una batteria di ragazzi da far paura. Il debutto fu un confortante 2-0 al Dall’Ara di Bologna, contro la Grecia: doppietta di Bergomi.
Bernardini e la nuova generazione
Dodici anni prima, nel 1974, dopo l’Azzurro tenebra del mondiale tedesco, il ct Bernardini passò l’estate tra stage in cui convocò mezza Serie A, quindi si preoccupò di mandare in pensione i senatori “messicani” (Rivera, Mazzola, Burgnich, Riva) e lanciò i giovani della nuova generazione (il ventenne Antognoni l’emblema): la sconfitta a Zagabria contro la Jugoslavia non intaccò l’entusiasmo, era nata l’Italia dei “piedi buoni” e molto futuro stava prendendo forma.