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Spalletti, la nuova strategia: così il ct azzurro ha cambiato l’Italia dopo il fallimento agli Europei

Nuova identità tattica ma anche intuizioni felici. Dopo il tracollo dell’Europeo l’allenatore della Nazionale ha creato un gruppo ringiovanito e compatto. Una squadra giovane ma non immatura e piena di calciatori che giocano o hanno giocato all’estero

BUDAPEST – Come si è potuto constatare ieri, mentre la Nazionale entrava per l’allenamento dentro lo stadio dell’Mtk intitolato alla leggenda del calcio ungherese Hidegkuti, il linguaggio del corpo di Spalletti parla chiaro: il ct non ha più “la postura piegata”, effetto dell’Europeo di Germania, ma ha riacquistato grazie all’ineccepibile vittoria in casa della Francia le sicurezze smarrite. Se domani vincerà ancora, nell’altro stadio intitolato all’altra gloria degli anni Cinquanta Bozsik e scelto per ospitare le partite “casalinghe” della nazionale israeliana, potrebbe ritrovarsi da solo (il Belgio, capolista con gli azzurri, gioca in Francia) in cima al girone di Nations League, avvicinandosi al ruolo di testa di serie nel sorteggio delle qualificazioni al Mondiale 2026.

Le intuizioni di Spalletti

Il vezzo di dipingersi come semplificatore, ormai alieno da astrusità tattiche, deriva dalla scelta dichiarata di un sistema chiaro. La nitida identità del 3-5-2, che in tutte le sue varianti è il più noto alla maggioranza degli interpreti, non gli ha peraltro sottratto le felici intuizioni, come i rapidi cambi di gioco da destra a sinistra e viceversa, con Cambiaso pronto alle sventagliate e alle conversioni da destra: così ha inguaiato la Francia di Deschamps. Sono trascorsi meno di due mesi e mezzo dal tracollo dell’Europeo. Spalletti non li ha sprecati, pensando alla figuraccia con la Svizzera a Berlino. “Sarei potuto restare sul trattore a fare avanti e indietro. Ma non faceva per me”.

La nuova strategia

Nelle riunioni con la Figc – con Gravina, Buffon dai poteri rafforzati, Viscidi – e con il suo staff ha dunque messo a punto la nuova strategia: la costruzione di un gruppo ringiovanito, compatto e protetto da pressioni esterne e votato sul campo al chiodo fisso: non perdere più, come invece era capitato in Germania, i contrasti di gioco. Vincere l’uno contro uno, per ricavarne il vantaggio del possesso palla. La sua nuova Italia è giovane (media d’età attorno ai 24 anni), però non certo immatura e piena di calciatori che giocano o hanno giocato all’estero: Donnarumma, Tonali, Udogie, Retegui, Kean, Vicario, Okoli, più Chiesa in bacino di carenaggio a Liverpool e Zaniolo e Scamacca, tornati in Italia ma provvisti di congruo apprendistato straniero. Né è lecito sminuire la dimensione internazionale degli interisti Bastoni, Dimarco e Frattesi o di Pellegrini , Di Lorenzo e Raspadori, avvezzi alle coppe con Roma e Napoli. Lo juventino Cambiaso colmerà la lacuna in Champions.

La scoperta di Ricci

E la scoperta del torinista Ricci, studente universitario di economia a 5 esami dalla laurea, è la più gradita della serata parigina: forse è lui il regista eclettico, erede di Jorginho e Verratti. Alla prima da titolare in Nazionale ha sfoggiato passaggi di prima, lanci e contrasti vincenti, per poi spiegare che la vittoria in Francia può diventare spartiacque: “Ci eravamo un po’ abituati a sentirci inferiori alle grandi squadre: questo risultato può cambiare la percezione e diventare l’inizio di un percorso”. Se la Nazionale si è liberata di un pericoloso complesso d’inferiorità, è anche grazie al centrocampo: Ricci ha 23 anni come Fagioli, Frattesi quasi 25, Tonali, Cambiaso e Brescianini 24, Dimarco 26, Udogie 21, Fagioli 23. Pellegrini (28) è il veterano. E a Parigi mancava il migliore, il ventisettenne Barella. Spalletti cammina di nuovo a petto in fuori.

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