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La rifondazione del nuovo De Laurentiis. Un piano segreto dietro i tanti sì al tecnico

Da vent’anni e tre giorni Aurelio De Laurentiis è il Napoli. Un lunedì come questo, estate calda ma bugiarda di pioggia, una quarantina di tifosi più avidi che curiosi nella curva deserta davanti al Castel Capuano, negozi tutti chiusi, aperto solo l’ufficio scuro e lucido di onoranze funebri con un gentile impiegato che fotocopiava per i giornalisti i primi atti della Fallimentare.

Società Calcio Napoli assegnata al produttore De Laurentiis, cognome importante ma nome che non diceva ancora nulla. Nel chiostro del vecchio tribunale c’era un minibus con otto tra avvocati e commercialisti romani pronti a intervenire. Se non fossero bastati gli assegni circolari di 28,5 milioni emessi dal direttore Alessandro Cataldo in via Verdi alle 8 del mattino.

De Laurentiis era arrivato con l’avvocato Geppi Marinelli in motoscafo da Capri alle 6. Trovò il tempo per litigare. S’impuntò con il giudice Paolo Celentano, magistrato cortese ma fermo. No secco ad assumere il cuoco sorrentino del settore giovanile Raffaele Maresca, dipendente della società ormai fallita.

Sono passati vent’anni e tre miliardi di fatturato da Napoli-Cittadella, serie C1, esordio al San Paolo con 55mila spettatori. Nel campionato italiano rientra a Cagliati domenica 15 il presidente del terzo scudetto, lo conoscono tutti, basta dire Aurelio. Ma è molto diverso. È balzato agli antipodi di se stesso. Si è reinventato in pochi giorni, accettando due sfide che sembravano impossibili.

Ha firmato in silenzio acquisti per 149,5 milioni, ottava spesa di mercato nel 2024 tra i club europei, primo il Chelsea con 238, 5; un gradino più su la Juve,162.92. La seconda: convivere con un allenatore esigente, uno che impone e non chiede, pronto anche a rompere, vedi Juventus nel ritiro 2011.

Era il test che cercava. Il personaggio al quale si ispira oggi è se stesso, l’Aurelio sconosciuto e coraggioso del cinema degli anni Settanta. Per il primo film, un Borghese piccolo piccolo, affida la regia a Mario Monicelli, uno dei grandi del cinema di sempre. Insieme portano l’opera al Festival di Cannes, tre premi Donatello e 4 Nastri d’argentino. Anno 1977, Antonio Conte ne aveva solo otto, che ne sa? Ma hanno avuto tempo per conoscersi. È quello il personaggio che De Laurentiis vuol recuperare dal suo passato, ambizioso e solido, con oltre 120 film di cui non ha mai ceduto i diritti, acquisendone di altri 35 la distribuzione in esclusiva, tra questi Hannibal di Ridley Scott (2001) e il Mostro (1994) con Benigni.

Direte: e i cinepanettoni? Lo spiega a chi lo incontra in treno e non gli parla di calcio. È fare impresa anche così nel cinema, se hai la struttura: investi 3 milioni e ne raccogli in 10 giorni 30 da 400 sale italiane. La distribuzione è una miniera, De Laurentiis sa scavare, al vecchio cassiere del supercinema di Siracusa telefona il venerdì dopo la prima. Con i film sa vendere anche il gelato e i pop-corn.

Si è accorto che il calcio, molto per sua colpa, lo relega tra gli incompresi, gli indecifrabili, i furbi e taccagni. Supera intanto le buriane perché in una serie A scassata di quasi 3 miliardi, è senza debiti e con margine operativo ancora da reinvestire. Questo è essere un imprenditore. Se dopo aver sbagliato l’impossibile, dalla reazione alla fuga di Spalletti e alla perdita di Giuntoli, dalla scelta di Rudi Garcia al contratto di Osimhen con l’agente Calenda, si è evidentemente rassegnato a risalire la corrente. Con uno stile ed un progetto finalmente leggibili. Il primo è il marketing con la figlia Valentina ed un prossimo direttore generale, Tommaso Bianchini. Da tre a 30 milioni solo le divise.

Assunto un allenatore scomodo ma dotato, Antonio Conte, non ha lesinato acquisti come con Ancellotti. Ispirandosi ad una precedente rifondazione, quella di Benitez, quando accolse i giocatori di Manuel Garcia Quillon. La struttura del Napoli che sarebbe arrivato al terzo scudetto. Prossimo traguardo: la festa dei cento anni del 2026. Ci vuole forse un miracolo, per attrezzarsi quasi 150 milioni bastano?

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