Il vecchio sogno di Pep Guardiola, quello di una squadra composta da undici centrocampisti, è venuto in mente nel primo tempo di lunedì sera, quando le avanzate di Bastoni, che si aggiungeva alla mediana in stile Calafiori, e gli arretramenti di Raspadori per partecipare al palleggio dilatavano il centrocampo azzurro a un reparto di sette uomini. Quando il cuore di una squadra è così munito e (bene) assortito, perché gli esterni Dimarco (soprattutto) e Bellanova garantiscono corsa, le mezzali Frattesi e Tonali inserimento e Ricci la regia, le cose in genere funzionano come in quei pranzi in cui ogni invitato porta il suo piatto preferito.
L’effetto sorpresa della gara di Parigi non era replicabile, perché lì si passava direttamente dall’incubo Europeo all’entusiasmo di una vittoria in Francia, e un’escursione emotiva di questa portata ha bisogno nel bene e nel male di picchi irripetibili a breve scadenza. Proprio per questo, la prestazione giudiziosamente “fredda” della Nazionale, il fatto di non aver concesso alcuna pericolosità a Israele se non nella carambola finale, la seconda vittoria in trasferta in un girone di Nations che conta il giusto — ma se le cose fossero andate male avrebbe contato moltissimo — costituiscono la conferma attesa dopo il sacco del Parco dei Principi. L’Italia di Spalletti è ripartita davvero, e improvvisamente il tempo che ci separa dalle qualificazioni mondiali sembra tanto, buono per riempirlo di ciò che manca senza l’angoscia che sull’argomento ci accompagna dai tempi di Ventura.
Vista la freschezza atletica degli azzurri, e paragonata alle gambe impiombate di giugno, ci ha poi sfiorato la nostalgia per un Mondiale che non abbiamo giocato, quello del dicembre 2022 in Qatar, perché un’Italia che corre sa trovare il gioco e le giocate anche in assenza del purosangue, un copyright di Spalletti che facciamo nostro. Che poi anche i cavalli di razza nel tempo si sono evoluti, e hanno cambiato le loro caratteristiche per sopravvivere alla nuova fisicità e ai tempi di gioco non più compassati, ma frenetici. Questo per dire che Sandro Tonali, alla seconda gara intera in tre giorni dopo un anno di inattività — ma lui non è stato certo inattivo, e si vede — è sulla strada del salto di qualità finale. Con lui bene Dimarco, il solito Frattesi, Bastoni, l’Inter esausta dell’Europeo che a settembre esplode di energia. Ora possiamo prevedere che Spalletti durerà fino al Mondiale, e che questa consapevolezza lo farà lavorare meglio. Soltanto giovedì scorso era tutt’altro che scontato.