MILANO – Nel 1981, protetto dai baffoni che gli valsero l’eterno soprannome “zio”, esordì in Coppa dei Campioni, più giovane interista di sempre, a 17 anni e due mesi. Ora che ne ha sessanta, e di gare europee ne ha giocate e commentate centinaia, Beppe Bergomi si prepara a raccontare con Fabio Caressa su Sky il big match della nuova Champions fra Milan e Liverpool. “Mi aspetto che sarà la più bella partita della prima giornata. Il Liverpool va forte in Premier League, ma in Europa è diverso. E Fonseca saprà trovare equilibrio. Un’altra sfida difficile l’avrà l’Atalanta con l’Arsenal, che vedo fra le favorite per il titolo”.
Per l’Inter, l’esordio è in casa del City. Non una partita qualunque.
“Farà una gara di personalità, rispettando l’avversaria ma proponendo il proprio calcio. Mi aspetto una riedizione della finale del 2023, speriamo con un altro risultato”.
Con la nuova formula della Champions, cosa cambia per i club?
“Gli allenatori non potranno più scegliere se puntare sul campionato o sulla coppa. Servono punti ovunque. Serve un turnover efficiente, che non vuol dire stravolgere la squadra. Guardiola fra un incontro e l’altro cambia un paio di giocatori. Tenendo sempre la palla, si stancano meno. Certo, è un esempio difficile da imitare”.
Come farà Inzaghi a gestire Frattesi? È fortissimo, eppure ha davanti Barella.
“L’Inter fa tanto possesso. Avere un uomo che palleggia meno, ma se entra spacca le partite, è una benedizione. Capisco sia difficile da accettare per lui, ma lo deve capire. Serve pazienza”.
Fonseca ha risolto il caso di Leao e Theo?
“Quando si mettono in discussione i due più forti, qualcosa non va. Il segnale lo ha dato facendoli partire in panchina. Ora per essere credibile deve farli giocare sempre e bene”.
Per Thiago Motta, quale sarà la sfida più importante?
“Finora ha allenato una Juve incompleta, ragionando da Bologna. Deve mettere insieme i nuovi, che sono forti. Ha un vantaggio: l’ambiente è pronto alla rivoluzione. Ha l’appoggio di tutti”.
Sembra averlo di nuovo anche Spalletti. La sua Italia è guarita?
“All’Europeo non abbiamo visto la vera Italia. Rimettendoli al loro posto in campo, i giocatori danno il massimo. È stato intelligente a fare un passo indietro. Vinceremo il Mondiale? Forse no, ma siamo forti. E basta con la storia dei ragazzini che non giocano più per strada. Non hanno ricominciato a farlo in questi due mesi”.
Lei ha iniziato all’oratorio. Oggi allena nelle giovanili. Cos’hanno in più e in meno i giovani di oggi?
“Noi giocavamo sei ore al giorno, loro sei a settimana. Hanno meno destrezza e coordinazione. Sono bravi nel controllo della palla sul sintetico, ma pochi capiscono che il talento si coltiva con la sofferenza. E se non sei uno e novanta devi eccellere in tutto: tecnica, corsa, testa. Così si arriva in Nazionale”.
Più forte quella dell’82 o del Novanta?
“Dico 82, squadra di fenomeni. Però nel 1990 ero capitano ed è quella che ho nel cuore. La sento tanto più mia adesso, che Totò Schillaci, persona meravigliosa, vive un momento duro. Nella chat Notti Magiche, creata da Ciro Ferrara, siamo uniti come fossimo uno solo: Totò tieni duro. Ho salutato troppi amici,da Paolo Rossi a Gianluca Vialli. Mi hanno emozionato, sul piano umano e con i gol”.
Da dove abita lei, a San Siro, i gol li sente in diretta.
“Ogni rete è un boato. Quando gioca l’Inter, il risultato lo scopro così. Durante le partite non riesco a stare fermo davanti alla tv, cammino per casa. La passione cresce con l’età”.
La squadra rivelazione di questa stagione in Serie A?
“Torino e Parma sono sulla strada giusta”.
Chi vince il campionato?
“Chi parte con lo scudetto sul petto è favorito, ma solo in teoria, viste le ultime stagioni. A Napoli Conte ritrova Lukaku, il suo Lebron James. Juve e Milan sono avversarie vere. Mi spiace per la partenza dell’Atalanta, ma ci sono tantissime partite”.
Forse troppe. Per gli spettatori non c’è il rischio di overdose da pallone in tv?
“No, in Champions si gioca un calcio divertente e veloce. E in campionato prevalgono tifo e identità. Gli stadi sono sempre pieni”.