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De Rossi, i motivi dell’esonero: la vicinanza di Totti, la lite sulla gestione di Dybala e il caso Zalewski

Il retroscena sulla rottura tra il club e la bandiera giallorossa, arrivata in panchina dopo l’addio di Mourinho

Sono le 18.45 di lunedì scorso. Le telecamere inquadrano Ivan Juric in tribuna allo stadio Ennio Tardini. Taccuino alla mano, l’ex allenatore del Torino prende appunti su Parma-Udinese. Il croato è libero, difficile spiegarsi perché, tra le tante partite proposte dal palinsesto della Serie A, abbia scelto proprio quella. Se quella presenza tre giorni fa era passata inosservata, oggi aiuta a chiarire quanto accaduto nelle ultime ore a Roma. Alla luce dell’esonero di Daniele De Rossi, l’immagine di Juric sugli spalti di Parma trova un motivo. Il tecnico stava studiando l’Udinese, prossima avversaria della Roma domenica all’Olimpico. Perché il croato già sapeva cosa sarebbe successo da lì a pochi giorni. O meglio, lo sperava. Juric domenica sera era stato preallertato dal suo agente: «Tieniti pronto, a Roma tira una brutta aria».

La partenza lenta di de Rossi in campionato

Un altro passo indietro, utile per ricostruire le fasi dell’ennesima rivoluzione romanista. Questa volta si va a Marassi. È domenica pomeriggio. La Roma pareggia contro il Genoa e tra De Rossi e il club giallorosso iniziano a tirare i primi venti di crisi. L’espulsione dell’allenatore, con relativo insulto all’arbitro, è il manifesto di una tensione crescente. Gli occhi di De Rossi in conferenza stampa raccontano il resto. La Roma è in crisi di risultati. Tre punti nelle prime quattro partite non sono certo la partenza sperata. Non dall’allenatore. Nemmeno dalla proprietà.

I Friedkin a Trigoria

A Houston suona l’allarme. Dan e Ryan Friedkin, proprio come in occasione della cacciata di Mou, decollano dagli Stati Uniti direzione Trigoria. Serve la voce del padrone. La proprietà americana vuole sapere cosa stia succedendo: il mercato estivo ha drenato 120 milioni dai conti dei tycoon texani, padre e figlio, e i risultati non arrivano. È tempo di riunirsi. Ma nulla fa presagire un esonero.

L’ordine di Souloukou sulle presenze di Dybala

Lina Souloukou, influentissima amministratrice delegata e figura di fiducia dei Friedkin, però non sta con le mani in mano. La proprietà riflette. Lei studia le alternative. Come se sapesse già che la situazione è destinata a precipitare in fretta. La cronaca le darà ragione. È lunedì sera quando Dan Friedkin e il figlio Ryan convocano Souloukou, il ds Florent Ghisolfi e per ultimo, in piena serata, Daniele De Rossi. È il secondo atto di quanto avvenuto poche settimane prima, quando l’allenatore aveva presentato le sue dimissioni dopo il caso Dybala per le continue frizioni con l’amministratrice delegata. La rottura è totale, pesa la gestione della Joya: la richiesta è quella di non far giocare il campione argentino per più di 14 partite, in modo da non far scattare il rinnovo automatico del contratto. Costerebbe 30 milioni lordi, un colpo ingestibile per le casse romaniste. De Rossi allora rimette il mandato. Ma il board americano respinge le dimissioni. Crisi rientrata, ma solo per qualche settimana.

Le parole di De Rossi su Zalewski

Perché la nuova riunione con l’allenatore, quella di lunedì sera, nasce sotto i peggiori auspici. L’ex Capitan Futuro spiega i motivi della crisi iniziale della sua squadra, tra la formazione sbagliata contro l’Empoli e il pareggio beffa di Genova. Poi si fa sentire. Vuole decidere in autonomia, vuole che le scelte tecniche – specie quelle su Dybala – siano sue e soltanto sue. Ma dopo il caso della Joya era già scoppiato quello di Zalewski. Il club infatti aveva punito i «no» del polacco al rinnovo e alle offerte di Napoli, Psv e Galatasaray mettendolo fuori rosa. «Una scelta della società», aveva spiegato De Rossi. Il primo strappo. Poi il pareggio di Genova all’ultimo minuto. Il totem De Rossi, chiamato per far dimenticare al popolo giallorosso l’idolo Mou, è il passato.

Juric alla Roma dopo De Rossi e Mourinho

Si sonda Stefano Pioli, che però ha già trovato un accordo con gli arabi dell’Al Nassr. Si va quindi da Ivan Juric, come da previsione del suo agente. Martedì sera parte la chiamata da Trigoria. Il croato accetta subito. Ieri mattina, alle 7.50 sale su un treno direzione Roma. Nel frattempo, De Rossi arriva con la sua auto a Trigoria, pronto a dirigere l’allenamento. Ma esattamente come con Mourinho, il suo lavoro viene bruscamente interrotto dalla convocazione di Dan Friedkin nel suo ufficio. C’è il foglio dell’esonero da firmare. Alle 8.52 arriva l’annuncio. «La decisione del club è adottata nell’interesse della squadra». Il più triste dei finali possibili.

Roma, la contestazione dei tifosi

Lunedì, infine, quando l’aria si è incendiata con l’esonero di De Rossi, Trigoria si è popolata di tifosi inferociti per il “tradimento” della bandiera. Juric è arrivato poco dopo per firmare il contratto fino a fine stagione, in un capannello di insulti a proprietà e giocatori.

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