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Una partita vale solo se diventa un ricordo

La rubrica “È sempre domenica”

Nel temporale di partite infrasettimanali è successo anche questo: che nello scontro a eliminazione diretta per la Carabao Cup inglese una squadra di prima divisione (il Fulham) e una di seconda (il Preston) siano andate ai rigori. Sottovalutando gli avversari l’allenatore del Fulham aveva fatto un turnover completo: 11 su 11. Il punto però è che dopo 33 rigori erano ancora pari: 15 a testa non erano bastati. Sugli spalti semivuoti il pubblico aveva cominciato a perdere il conto, a non capire più che cosa e quando potesse risultare decisivo. Era capitato anche a Donnarumma alla finale degli Europei, figuriamoci. Tiravano i portieri, ci riprovavano gli attaccanti. Niente. Anche una roulette russa, con un caricatore da 24 che non spara mai il proiettile, diventa noiosa e qualcuno comincia a suggerire di farla finita con un machete.

Fulham-Preston è involontariamente diventata la partita manifesto di un calcio che o si reinventa o declina, preda della propria bulimia. Manchester City-Inter dovrebbe essere la portata principale, quella in cui i camerieri arrivano con la musica, scoperchiano il vassoio e incendiano la pietanza. È stata, invece, un antipasto come un altro. L’esordio del Bologna tra i grandi doveva essere un gala, ma alle 18 e 45 è sembrata una festa di compleanno per adolescenti. Il 9 a 2 del Bayern Monaco alla Dinamo Zagabria dimostra che le diseguaglianze non si colmano con gli inviti a raffica. Il calendario asimmetrico della Champions renderà comprensibile la classifica soltanto più avanti e soltanto ai solutori più abili (Motta già non l’ha capita bene). Puoi fare cinque sostituzioni, ma è meglio se tieni fuori uno come Dybala o scatta la clausola di rinnovo (ma allora non comprarlo proprio). È un calcio che ha perso l’aspetto eroico, che rischia di non avere più episodi memorabili, ma una partita vale se diventa un ricordo, una favola da raccontare a chi non c’era, con un risultato figlio dell’imprevedibile. I regolamenti vanno cambiati per ammetterlo, non per escluderlo. All’undicesimo rigore senza vincitori, entri in scena l’improbabile: battano gli allenatori (chi non vorrebbe vedere Conte contro Inzaghi?), battano i plenipotenziari (Ibra contro Lina, sta a vedere che vince lei), battano due tifosi scelti con il raggio verde tra il pubblico. Provocazioni? Fino a un certo punto. Platini propone squadre di 10 per riportare velocità, Ancelotti una riduzione delle partite per limitare infortuni e déjà vu. Parafrasando un vecchio slogan: giocare meno, giocare tutti. Soprattutto: giocare meglio.

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