Dal Big Bang al riallineamento dei pianeti. A una normalità però solo apparente. A Roma, sponda giallorossa, ogni secondo conta. E non sono ammesse frenate. Non si è ancora fermata la giostra che mercoledì ha lanciato fuori dall’orbita di Trigoria il totem Daniele De Rossi, scelto dalla proprietà americana per sostituire Mourinho e tenere a bada i tifosi. Domenica è stato il turno di Lina Souloukou, ad diventata settimana dopo settimana sempre più impopolare. È di ieri, poi, l’acquisto dell’Everton da parte di Dan e Ryan Friedkin. Non è finita qui: a breve arriverà il nome del sostituto della supermanager greca. In pole per la poltrona c’è l’avvocato del club, Lorenzo Vitali. E questa promette di non essere nemmeno l’ultima turbolenza romanista.
La pista araba
Perché continuano a circolare voci su una possibile cessione del club. E proprio per questo ieri sera i Friedkin hanno voluto tamponare l’emorragia di consensi, pubblicando dopo mesi di assoluto silenzio una nota che punta dritto al cuore dei tifosi, definiti “straordinari e fedeli”. I presidenti assicurano di apprezzare le “opinioni” dei fan e di ascoltarle. Il comunicato poi vira sulla cacciata di De Rossi: “Una decisione difficilissima, presa con la convinzione che sia la strada giusta per puntare ai trofei in questa stagione». Nessun riferimento al neo allenatore Ivan Juric o alla ex ceo Lina Souloukou.
Prima il cuore e poi la strategia. L’acquisizione dell’Everton per circa 600 milioni di euro «non modifica l’impegno verso la Roma — assicurano i Friedkin — Al contrario, la sinergia tra i club potrà portare solo vantaggi (nonostante la Fifa lo vieti, ndr). Il nostro impegno a Roma non sarà ridotto». Ma da mesi, come detto, si sommano gli indizi che lasciano pensare a una cessione del club giallorosso. Una società con un organigramma sempre più leggero.
La cacciata dell’amministratrice delegata è solo l’ultimo degli addii a Trigoria. Svuotata da figure dirigenziali, mai rimpiazzate, e con una catena di comando ridotta all’osso. La tela bianca perfetta da consegnare a un nuovo compratore. Attualmente sono solo tre gli uomini dietro la scrivania: il neo ceo Lorenzo Vitali, il segretario generale Maurizio Lombardo e il traballante ds Florent Ghisolfi. Oltre alle figure ombra Juma Qaddourah e Priscilla Bortoloni. Sotto di loro c’è Ivan Juric, allenatore pro tempore fino a giugno.
Questione stadio
Se non bastasse questo panorama ad aggiungere tasselli al puzzle della cessione c’è la questione stadio di Pietralata. Il progetto definitivo ancora non c’è, e da settimane in Campidoglio si domandano che fine abbia fatto la Roma. Un silenzio assordante su un “elemento chiave” che preoccupa in termini di strategia a medio-lungo termine. Soprattutto se paragonato al nuovo stadio dell’Everton, pronto per la prossima estate e porta di accesso dei Friedkin al club e alla ricca Premier League. Ma torniamo a Roma, alle voci di cessione. Agli indizi. Che portano in Arabia. È di luglio 2023 la prima offerta da circa 850 milioni di euro, rifiutata dai Friedkin. Che nel frattempo hanno intensificato le connessioni con il Golfo: lo sponsor Riyadh Season, sulla maglia nonostante la Capitale fosse in corsa proprio contro l’Arabia per Expo, e poi le operazioni di mercato con la lega saudita. Voci romane raccontano di un asse tra Riad e Roma, che potrebbe persino coinvolgere Giovanni Malagò. Fantascienza, ma non c’è dubbio che Malagò — cui il governo impedirà di restare per un altro mandato presidente Coni — il sogno di fare il presidente della Roma nella sua vita lo abbia avuto. Chissà.