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Leao quarto capitano del Milan della stagione. Fonseca rompe la tradizione di Rivera, Baresi e Maldini

Il rodizio, consuetudine brasiliana rilanciata dal ct Tite al Mondiale 2018 e proposta al Bologna da Motta, piace all’allenatore portoghese, che anche così ha responsabilizzato e rivitalizzato il numero 10

Milano. C’è solo un capitano, cantavano i milanisti di Franco Baresi e Paolo Maldini, eredi della tradizione di Gianni Rivera e Cesare Maldini, padre di Paolo. Adesso il coro rischia di andare in disuso. I brasiliani lo chiamano “rodizio dos capitães”: in italiano rotazione dei capitani o capitano girevole. Si tratta di un’abitudine non rara nelle squadre di club e nella stessa Seleçao, dove il ct Tite la elesse a metodo durante il Mondiale russo del 2018. Lo può diventare anche nel Milan di Paulo Fonseca.

Fonseca e la fascia “psicologica”

L’allenatore portoghese parla la stessa lingua di Tite, ma ha perfettamente chiarito, prima e dopo la partita vinta col Lecce con la fascia assegnata a Leao (in precedenza era toccata per tre volte a Calabria, per due a Theo Hernandez e per una a Tomori), che il metodo non nasce dall’appartenenza a una cultura calcistica, né tanto meno a una consuetudine lusofona. La scelta è semmai di natura psicologica: fare sentire leader il maggior numero possibile di calciatori, accentuare il loro senso di responsabilità e gratificarli. Con Rafa Leao ha funzionato e la teoria di Fonseca è che nella capacità del connazionale di calarsi spesso nei panni del difensore aggiunto, con uno spirito di sacrificio raramente esibito dal numero 10, ci sia proprio uno stretto legame con quel simbolo di capo della squadra attorno al braccio.

Maignan, Morata e Pulisic candidati

La tesi, del resto, è stata esposta anche da Tomori, che con Leao, Hernandez, Maignan e Gabbia è uno tra i reduci dello scudetto 2022 schierati nella formazione titolare contro il Lecce: “Siamo tutti capitani, tutti dobbiamo essere leader, tutti dobbiamo sentirci coinvolti e responsabilizzati al massimo”. L’allenatore ha spiegato che per lui il capitano in squadra è davvero più d’uno: “Ce ne sono tanti: io ne vedo almeno cinque”. Il rodizio, dunque, sembra destinato a proseguire: dopo Calabria, Hernandez, Leao e Tomori si cerca il quinto e il prossimo indiziato potrebbe essere Maignan, Pulisic, Reijnders oppure Morata, che del resto nella Spagna è stato il capitano della Roja, fresca di titolo europeo a Berlino contro l’Inghilterra.

La Democracia Corinthiana di Socrates

La questione non manca di una certa suggestione, al di là del richiamo datato alla Democracia Corinthiana, lo straordinario esperimento di democrazia dello spogliatoio messo in pratica negli anni Ottanta a San Paolo nel Corinthians di Socrates. Se quella era anche una vicenda politica, una risposta simbolica alla dittatura che passava attraverso la messa in pratica di una vera autogestione con tanto di assemblee tra i calciatori, la decisione di Tite al Mondiale 2018 fu invece una scelta psicologica di gestione di una squadra tendente, per tradizione, alla difficoltà di convivenza tecnica tra primedonne.

La Seleçao di Tite e il caso Neymar

Dal 2016, quando assunse la guida della Seleçao, Tite assegnò la fascia a 16 giocatori diversi in 21 partite: la stella Neymar era riluttante a fare ancora il capitano, perché la responsabilità della fascia lo innervosiva quanto le pedate degli avversari. Così Tite importò in Nazionale il metodo da lui già introdotto con successo proprio al Corinthians: si è tutti capitani, un po’ per uno, in modo da sentirsi tutti uguali e da imparare a condividere meglio le responsabilità. Poi, per opportunità, al netto degli infortuni (prima di lui era toccato a Dani Alves), Neymar tornò a indossare la fascia. Ma il metodo, che peraltro Tite stesso avrebbe riprodotto al Flamengo, avrebbe ha fatto nel tempo altri adepti.

Le tesi di Motta e Spalletti

Nel Bologna dell’italo-brasiliano Thiago Motta, ad esempio, l’inizio dello scorso campionato fu contraddistinto da cinque capitani diversi in cinque partite: Dominguez, Orsolini, Posch, De Silvestri e Aebischer. In Nazionale Spalletti, da neo ct, spiegò subito che Immobile, all’epoca l’azzurro con più presenze, non sarebbe stato necessariamente il capitano, ma che il ruolo poteva essere assolto dal calciatore con più personalità. Poi la scelta è caduta su Donnarumma, che è anche il giocatore con più presenze. Ora, al Milan, la teoria del capitano girevole di Fonseca può essere messa alla prova già martedì in Champions a Leverkusen contro il Bayer. La fascia, nel caso di Hernandez e soprattutto di Leao, gli esclusi dell’Olimpico con la Lazio, è sembrata quasi taumaturgica. Ma la può indossare uno solo.

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