La storia della settimana in Premier League è stata la tensione fra Pep Guardiola e Mikel Arteta dopo il rocambolesco 2-2 di Manchester City-Arsenal. Potrebbe essere già finita, perché l’ultimo colpo del ping pong dialettico è stato una smorzata di Arteta (“provo soltanto ammirazione per Pep, che considero un amico”), ma tante parole sono state dette e rimettere il dentifricio nel tubo è impresa ardua. È una storia che ha molto a che fare con la competizione, a suo modo istruttiva per quando riparleremo di ciò che prova un campione quando non vince. Guardiola è stato il mentore di Arteta a Manchester.
Quando Mikel lasciò il City per diventare il tecnico dell’Arsenal — sei anni fa — la distanza fra i due club era di 43 punti, mentre a maggio scorso la Premier è finita dal solito lato, ma per 2 lunghezze soltanto. “Non voglio più essere elogiato per quanto ci sono andato vicino — è una cosa assai sincera detta da Arteta in questi giorni — voglio fare quella cosa in più che mi permetta di vincere”.
Accuse e allusioni, come fu tra Guardiola e Mourinho
La scorsa settimana all’Etihad è stata una strenua difesa del 2-1, in dieci contro undici per l’intera ripresa, con capitolazione al minuto 98 di una gara durata 109’ fra recuperi e recuperi dei recuperi. Quelli del City hanno accusato l’Arsenal di dark arts, i metodi oscuri (perdite di tempo, infortuni esagerati, pallonate in tribuna) che in genere vanno in conto a noi italiani, e pensa un po’ pur di vincere le praticano pure i più fighi della Premier. Arteta non ha negato — si è stufato degli elogi al perdente, ricordate? — e ha fatto capire che in inferiorità numerica era l’unica strategia da adottare, aggiungendo un sibillino “sono stato quattro anni al City, so cosa fanno lì”. Lettura light: quando il gioco si fa duro, praticano anche loro le dark arts. Lettura strong: con un processo in corso per 115 violazioni del fair play finanziario si permettono di questionare sulle nostre perdite di tempo… Guardiola se l’è presa (“la prossima volta sia più chiaro”) e Arteta, come detto, ha subito smorzato: “La lotta per la vittoria è una cosa, i rapporti personali sono un’altra”. Per chi ha buona memoria, tredici anni fa Pep usò le stesse parole per rintuzzare una polemica di José Mourinho: “Abbiamo lavorato assieme per quattro anni: lui mi conosce, io lo conosco, e non dico di più”.
Insomma, una buona storia per capire la ferocia della competizione ai massimi livelli.
Il Bayer Leverkusen sa cambiare pelle
Martedì il City ha una partita facile, la trasferta di Bratislava, mentre l’Arsenal ospita il Paris St. Germain nella gara-clou del programma. Nel weekend ci sono stati due match che si riverberano sulla Champions: Bayern-Bayer Leverkusen e il derby di Madrid. Lo scontro fra titani in Bundesliga è finito 1-1, ma con numeri che non definiscono un equilibrio, bensì un assalto a Fort Apache: 70-30 di possesso palla (e sì che Xabi Alonso ha educato il Bayer al controllo), 18 tiri a 3. Quelli del Leverkusen hanno celebrato il risultato anche perché ottenuto in un modo diverso dal solito, un segnale di forza. Il Milan martedì sera proverà a dimostrare che invece era debolezza. Il Bayern ha lasciato per strada i primi punti stagionali, ma l’assedio ha accresciuto il favore dell’ambiente per Kompany (altro pupillo di Guardiola, a proposito): mercoledì giocano a Birmingham in quella che è l’unica riedizione di una finale di questo secondo turno, Aston Villa-Bayern (1982, 1-0 per gli inglesi).
I veleni del derby di Madrid
Il derby di Madrid ha diffuso molti veleni, compreso il rapporto fra i giocatori dell’Atletico e gli ultras violenti che ricorda il paesaggio milanese di queste ore. Correa ha impattato nei minuti di recupero, ed è la quarta volta in nove gare: l’Atletico smette di essere pericoloso quando viene spenta l’ultima luce dello stadio. Quello col Benfica di mercoledì sarà uno dei tre scontri al vertice di questo secondo turno (con Villa-Bayern e Dortmund-Celtic, tutti a tre punti).
Il Real Madrid viaggia alla volta di Lille dove Mbappé, convalescente, potrebbe giocare uno spezzone, ma in ogni caso mancherà l’appuntamento col fratello Ethan, che si è strappato sabato. E comunque la competizione fra loro è ancora distante dal diventare tale.