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Aldo Serena, i bulli del campetto, i genitori impotenti e quella frase: “Voglio l’indirizzo di quello lì, così poi lo andiamo a cercare…”

In una lettera al Corriere della Sera l’ex attaccante racconta un episodio che ha visto protagonista il figlio durante una partita di calcio giovanile

ROMA – Un campo di calcio di provincia, un gruppo di bulli in divisa da gioco, un giovanissimo attaccante che non ci sta a farsi maltrattare. E un padre che non ci sta, decidendo di raccontare la vicenda, nella speranza che possa essere utile anche ad altri giovani e ad altri genitori. Quel padre è Aldo Serena, campione degli anni Ottanta e Novanta, vincitore di scudetti con Inter, Milan e Juventus.

La denuncia in una lettera

In una lettera inviata al Corriere della Sera, Serena racconta cosa è successo una domenica mattina, in una partita di quindicenni, fra cui suo figlio: “Gli avversari sono tosti, smaliziati, giocano anche con espedienti quasi da professionisti. Io sono lì, in tribuna e penso: dai ragazzi, forza, un po’ di energia, di vigore! In area mio figlio quindicenne battibecca con il suo marcatore, un po’ troppo affettuoso”, si legge.

Lo sputo in faccia e la reazione

Poi, la situazione sfugge di mano: “Mio figlio viene spinto e poi gli sputano in faccia (i suoi compagni diranno che in precedenza mia moglie era stata oggetto di aggettivi non riportabili). Lui cade nel tranello e reagisce tirando un pugno. Hai sbagliato a reagire così, gli avrei detto nel dopo gara: “Stavano arrivando ad accerchiarmi”, la risposta. In quattro lo assalgono, trattenendolo per le spalle con dinamiche consolidate e non improvvisate. Riesce a divincolarsi da solo, mentre l’arbitro (un coetaneo) lo espelle insieme a un solo avversario”.

La dinamica del branco

Serena racconta che, dopo la partita, qualche genitore dei giocatori della squadra avversaria si è scusato per quello che aveva visto in campo. Non così i loro figli: “I ragazzi invece, quando escono dagli spogliatoi fumando, con fare arrogante continuano a provocare anche noi adulti. – si legge nella lettera – Il padre del ‘capetto’ (espulso anche lui nel secondo tempo) ferma il figlio, per convincerlo a chiedere scusa, ottenendo come risposta soltanto una minaccia: voglio l’indirizzo di quello li, così poi lo andiamo a cercare. Lo sproloquio è continuato anche davanti agli allenatori. In sintesi: chi si mette contro di noi, la paga”.

Il ruolo dei genitori

L’episodio, che lo ha riguardato direttamente, ha spinto Serena a riflettere sulla reazione corretta da avere di fronte a un fatto di violenza che riguarda il proprio figlio: “Ho avuto un sentimento misto fra la malinconia e la pena per quel genitore gentile e pacato che cercava di convincere suo figlio a chiedere scusa. Lo guardavo e mi dicevo che aveva perso la sua partita. Io tanto tempo fa ho avuto una conversione, ho razionalmente voluto essere diverso, ma a volte il nocciolo duro si fa ancora sentire. Sono stato sul punto di chiedere a quel papà se volesse dargliela lui o gliela dovevo dare io una bella sberla. Forse avessi risposto al primo impulso, avrei fatto una cortesia a entrambi, ma sono cambiato e la mia parte zen mi ha aiutato”.

L’amara conclusione

Da quanto accaduto, il capocannoniere del campionato 1988/89, oggi commentatore a Sky, trae questa conclusione amara: “Nel nostro calcio, già pieno di problemi, ora c’è il rischio che si insinuino quei gruppi di bulli, il famoso branco che spesso terrorizza le serate degli adolescenti con furti, violenze o estorsioni. Penso che allenatori, dirigenti, genitori del calcio giovanile e dilettantistico (quello più vulnerabile) devono stare in allerta: cerchiamo di capire in tempo quando si sviluppano dinamiche come questa, e fermiamo questa deriva, prima che sia troppo tardi”.

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