TORINO – La Juventus non ha il miglior portiere della serie A e nemmeno difensori che stanno tra le eccellenze internazionali. Però ha la miglior difesa d’Europa, perché è l’unica squadra insieme al Celtic (formazione dominante in una realtà assai meno competitiva della nostra) a non avere ancora subito nemmeno un gol in campionato. Sarà interessante il confronto di Champions con il Lipsia, che ne ha incassati appena 2 ed è, considerando solo i cinque campionati più importanti, secondo nella classifica dell’ermeticità assieme all’Empoli (ci sono anche Liverpool e Lens).
Tirare alla Juve è quasi impossibile
La Juventus è anche la squadra che concede meno tiri in assoluto (6,7 a gara) dopo il Bayern Monaco e meno tiri in porta (1,3 a partita) dopo i bavaresi e il Friburgo. In pratica, scalfire la Juve si è finora rivelato quasi impossibile: delle nove parate fatte da Di Gregorio e Perin (quattro presenze il primo, due il secondo), forse solamente un paio sono state davvero impegnative e insomma non soltanto la Juventus non ha ancora subito gol, ma sostanzialmente non ha nemmeno rischiato di subirne. Volendo, il discorso lo si può allargare alla Champions, perché l’unica rete incassata in stagione dei bianconeri, quella di Saibari del Psv, è stata del tutto irrilevante: è arrivata al 93’ con la collaborazione della distrazione di Kalulu e Danilo, ma ci sta perdere per un istante la concentrazione sul 3-0 a un amen dal fischio finale. Difatti quella sera Thiago Motta disse: “Il gol incassato è la cosa che mi preoccupa di meno”.
Thiago Motta: “Noi difendiamo in undici”
Resta da capire come sia possibile che una squadra con un solo difensore di caratura internazionale (Bremer, che comunque ha pochissima pratica sia di Champions sia di nazionale brasiliana), un paio che ambiscono a diventarlo (Gatti e Cambiaso), un altro che era finito nel dimenticatoio (Kalulu), qualche giovane ambizioso (Savona, Cabal, Rouhi), un veterano sottoutilizzato (Danilo) e due portieri fuori dal giro azzurro siano riusciti a fondersi in un reparto inviolabile. “Il merito è del fatto che difendiamo in undici”, dice Thiago Motta, e non è la solita banalità retorica detta per dire: è proprio così. La Juve ha infatti un atteggiamento difensivo collettivo e una postura di squadra orientata alla protezione della propria area, che risulta quasi inaccessibile.
Il possesso palla “difensivo” al 60,7%
Se tiene molto la palla (con il 60,7% è prima in serie A), è per evitare, come dice l’allenatore, che la tengano gli altri, specie quando hanno giocatori di alta qualità. Però il possesso bianconero viene esercitato per lo più a ridosso della linea di metà campo, quindi lontano dalla porta avversaria: per tocchi nei 30 metri più avanzati è appena sedicesima, mentre è seconda (dopo il Monza) per quelli nella zona centrale. In pratica, la Juventus è una squadra molto corta e mai sbilanciata, che appena può alza la linea difensiva riducendo però al minimo le distanze da quella offensiva, che resta piuttosto arretrata. Fa pochissimo pressing avanzato (è addirittura ultima in questo dato) e quindi lascia che l’avversario imposti l’azione con relativa calma, ma diventa improvvisamente aggressiva quando il gioco si avvicina alla metà campo: a quel punto l’obiettivo di Thiago Motta è di stringere i tempi della pressione per recuperare palla il prima possibile ed evitare che gli avversari guadagnino troppo campo. In questo senso, è fondamentale il lavoro degli attaccanti (“Il nostro primo difensore è Vlahovic”, ripete Motta) e specialmente di Yildiz, il più continuo, attento ed efficace nei ripiegamenti.
Locatelli, il difensore aggiunto
Se invece la squadra è obbligata a rinculare, succede che Locatelli retroceda fino alla linea dei due centrali (o addirittura alle loro spalle) diventando di fatto il quinto difensore, una sorta di libero vecchio stile. Questo spiega come mai Motta lo stia preferendo a Thuram, che sulla carta partiva favorito come perno arretrato del 4-1-4-1 (che resta il modulo di riferimento della Juventus anche se abbiamo già visto pure il 4-3-3 e il 4-2-3-1) ma che è meno portato a scalare tra Bremer e Gatti.
Motta: “Per vincere bisogna essere solidi”
In definitiva, la principale indicazione di Thiago Motta riguarda la ricerca dell’equilibrio e non a caso il suo meccanismo difensivo funzionò benissimo anche a Bologna (fu la terza squadra meno battuta dell’ultimo campionato) e la sua dichiarazione d’intenti non si discosta da quella dei colleghi che l’hanno preceduto sulla panchina della Juventus, club che ha storicamente fondato sulla difesa i suoi successi: “Una squadra deve essere solida, se vuole ambire a qualcosa di importante”. E quando non parla di solidità, parla di solidarietà: il calcio moderno ispirato ai vecchi valori.