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L’intuizione visionaria di De Laurentiis, rinascere con un matrimonio d’interessi

La grande sfida: ricostruire un Napoli in pezzi. Conte il designer giusto. Ma con quel carattere, era possibile? Aurelio non se l’è mai chiesto

È il primato di Aurelio De Laurentiis e Antonio Conte, in ordine di ruolo non solo alfabetico. Comincia tutto in una notte di maggio, il mese del primo scudetto. Erano passati solo un anno e 11 giorni. Sabato 25.

Gasperini intenerito dal trionfo di Bergamo dopo la vittoria dell’Europa League il 22 a Dublino si ritira dalla grande sfida. Ricostruire un Napoli in pezzi. Forse se n’è già pentito, ma De Laurentiis ancora prima del no aveva già ripreso i contatti con Antonio Conte. Convinto, in una delle sue visioni, che solo l’energico allenatore da 5 scudetti poteva creare un altro Napoli da oltre un miliardo. Ma occorreva una idea. L’annuncio, come e quando. Placare subito i tifosi delusi dopo il rifiuto di Gasperini. L’ultima sberla per il presidente accusato di aver creato e distrutto la squadra dei sogni.

Lunedì 26 era atteso a Trentola Ducenta in un evento al centro commerciale Jambo, ospite anche Juan Jesus. Nessuno lo aspettava, quanti altri fischi si sarebbe preso? Si è invece presentato, rischiando. Non ha smentito l’ingaggio d Conte, ma ha preso tempo. Dieci giorni. Ed è volato con un aereo privato fermo a Capodichino in Spagna. Aveva bisogno di tempo e riservatezza: niente di meglio che una barca nella rada di San Antonio de Portmany, davanti al porto di Ibiza. Oggi molti giurano di aver visto anche Conte e signora da quelle parti. Rimane un mistero, una suggestione, ma dalla barca De Laurentiis è stato al crocevia di mille voci, agenti e commercialisti, i suoi e quelli di Conte che intanto dal telefono della moglie parlava con l’Italia. Milano, Napoli, Pescara. Amici per tenere calda la notizia li aveva, e tanti.

Oggi che lavorano e vincono insieme si può parlare ancora di matrimonio di interesse. Ma senza retropensieri e malizie. È l’incontro di due uomini leali, forse davvero amici, attratti da necessità e opportunità. Per De Laurentiis sembrava urgente tornare in plancia dopo il penoso naufragio di un decimo posto, 41 punti dall’Inter. Sembrava, ma la spinta era diversa, la dava l’analisi cruda come alla fervida creatività dell’imprenditore. Era la svalutazione del Napoli a far scattare l’allarme, solo un anno prima non l’avrebbe ceduto neanche per due miliardi, con Osimhen stimato 200 milioni. Ora tutto è cambiato. Era Conte il designer giusto per il Napoli. Già, le visioni di Aurelio. Ma con quel carattere, era possibile? De Laurentiis non se l’è mai chiesto.

Un produttore che per il primo film si affida a Mario Monicelli non teme nessun partner scomodo per scalare il successo. Sarebbe curioso chiedergli oggi se sono state più pressanti le richieste del regista per avere Alberto Sordi protagonista del cast di Conte per far venire Lukaku. Né quest’anno né nel lontano 1977 si è tirato indietro. Coraggio e lucidità non gli sono mai mancati.E proprio ieri, quando il calcio si accorge di nuovo di essere oppresso da centrali criminali a Milano dopo Torino, avrà ripensato a quel mercoledì di febbraio del 2012 quando fu ricevuto dal pm Antonello Ardituro per un incontro informale. Parlarono anche di Lavezzi, così. Per caso. Il magistrato di punta dell’Antimafia (maglia di Cavani nel suo ufficio) indagava su petardi e ricatti. Parole chiare. Fu apprezzato anche Pierpaolo Marino per la corretta deposizione. Arrivò poi a Napoli Giovanni Melillo, oggi procuratore nazionale antimafia. La Procura concluse con quattro condanne un processo al tifo che allungava le mani sul club, e da Napoli partì l’iter legislativo per il Daspo Fuori Contesto, una misura di prevenzione che scatta per fatti non commessi nello stadio da soggetti con precedenti gravi.

Sempre attiva la Digos con la doppia squadra, “Tifoserie” e “Investigativa”, la storia del poliziotto buono e cattivo. Non si vince il primo scudetto per caso. Forse neanche il secondo.

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