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Massimo Mauro: “I giocatori protestano dopo aver messo al sicuro i contratti: se vogliono meno partite, si taglino gli ingaggi”

L’ex calciatore di Napoli e Juventus non condivide le lamentele sul calendario: “I sacrifici li fanno i genitori che devono fare gli straordinari per comprare i libri di scuola”

Massimo Mauro ha vissuto il calcio degli anni 80 e 90, quando il campionato italiano era al centro del mondo e il numero di partite era nettamente inferiore a quello di adesso.

Mauro, cosa pensa dei giocatori che si lamentano per il calendario troppi fitto?

«Che andrebbe benissimo giocare una ventina di partite in meno all’anno, a patto però di guardare anche il rovescio della medaglia e abbassare l’ingaggio di un paio di milioni di euro».

Il solito discorso dei guadagni esagerati?

«Non voglio fare populismo, però quando sento di stipendi da 100 mila euro al mese o di ingaggi da 3-4 milioni a stagione solo per aver fatto un buon campionato, un certo senso di indignazione ci può stare».

Però giocare troppo causa molti infortuni. Mbappé, uno degli infortunati del momento, a 26 anni ha già giocato più partite di Platini in tutta la carriera.

«Anche ai miei tempi ci si faceva male. E poi adesso le squadre hanno rose di 30 giocatori e ci sono 5 sostituzioni a partita. Pure noi tra nazionali, campionato e coppe giocavamo parecchie partite, ma con meno giocatori. Insomma, finiamola di parlare del calcio come usurante. È uno sport in cui regna la tensione della responsabilità del risultato. Ma per il resto lavori all’area aperta e sotto stretto controllo medico. Non vedo la sofferenza».

Però tutte queste partite senza sosta, le competizioni che aumentano, i format giganteschi: si può fermare questo trend?

«Penso che giocare spesso non sia un problema per la salute dei giocatori, perché la partita sostituisce l’allenamento. Anzi è anche meglio».

Sofferenza e calcio, sembra che l’abbinamento la infastidisca.

«Il termine che dà più fastidio è sacrificio. Lo usano un po’ troppo anche tecnici di primo piano come Conte e Thiago Motta. Ma il sacrificio è fare lo straordinario in un lavoro normale per comprare i libri di scuola ai propri figli».

Insomma, i calciatori non hanno neanche il diritto di lamentarsi?

«Certo che ne hanno il diritto, sono stato calciatore anche io. Solo che lo fanno sempre dopo aver messo al sicuro la firma sul contratto».

Come si può risolvere tutta la questione?

«Le rappresentanze sindacali devono trovare un equilibrio tra calendario e guadagni. Riduciamo le partite, va bene, però bisogna anche combattere la follia di certi contratti. In Italia questo discorso lo può portare avanti l’Assocalciatori, solo che non vedo la statura per modificare un mondo dominato dagli interessi. Ad esempio: si gioca troppo? E allora mettiamo un freno alle infinite e remunerative trasferte intercontinentali per le amichevoli estive».

Una malignità. Mica sarà invidioso del ricco calcio di oggi?

«Neanche per sogno. Ho giocato in squadra con Maradona, Platini e Zico, ho affrontato da avversario Falcao, Krol, e sicuramente ne me dimentico qualcuno. Aver fatto parte di quel calcio non ha prezzo».

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