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Inter-Juventus, i 10 motivi che la rendono la sfida più infuocata d’Italia

Dai veleni di Calciopoli alla partita in cui i nerazzurri, ormai 63 anni fa, schierarono i ragazzini. Perché è una partita diversa da tutte le altre

Inter e Juventus, il Biscione e la Vecchia Signora, Milano e Torino: su quest’asse – calcistica, economica, culturale – si è scritta (gran) parte della storia del calcio italiano, all’insegna di una rivalità che non ha mai smesso di bruciare.

E’ il Derby d’Italia

Felice definizione nata dalla penna di Gianni Brera che nel 1967 volle in qualche modo scolpire nella pietra quella che a tutti gli effetti è la rivalità più accesa del nostro calcio, una contesa che ad ogni nuova rappresentazione si rinnova e allo stesso tempo – com’è inevitabile – porta con sé l’ordalia di tutte le antiche battaglie. I due club, e le due famiglie di riferimento (Agnelli vs Moratti) hanno sempre corteggiato il Potere, spesso l’hanno gestito, altre volte solo blandito, sempre e comunque c’è stata contiguità con l’esercizio del comando.

La partita dello scandalo

10 giugno 1961. Il campionato è finito, anche se non è finito. Il presidente dell’Inter Angelo Moratti, il padre di Massimo, dopo un velenoso tira e molla con FIGC e Juventus per una partita sospesa, vinta e poi persa a tavolino, quindi rinviata quando tutto è già deciso, è talmente furioso da annunciare che a Torino andranno in campo i ragazzini della squadra Berretti. Finisce 9-1 per la Juventus, una mattanza. Alla fine Umberto Agnelli regala ai ragazzi dell’Inter un portachiavi d’argento con lo stemma della Juventus. Il gol dell’Inter lo segna, su rigore, spiazzando Mattrel, un ragazzo di 18 anni al debutto in A, si chiama Sandro Mazzola, farà strada.

Veleni e scudetti di cartone: l’era Calciopoli

Intercettazioni, citazioni (in tribunale), veleno e fiele, sospetti, responsabilità dirette o presunti, insulti e sgarbi, iscrizioni a prescrizioni. Hanno tutti ragione, come no. Calciopoli, quel pasticciaccio brutto. Revocati due scudetti alla Juventus, assegnato uno d’ufficio all’Inter. Commento di Massimo Moratti: “E’ lo scudetto degli onesti”, replica di casa Juventus: “Il vostro è lo scudetto di cartone”.

Affari e intrighi al calciomercato

1976: l’Inter si libera di Boninsegna (dice: è vecchio, va per i 33 anni) e lo offre alla Juve in cambio del 28enne Anastasi. Vox populi: l’affare l’ha fatto l’Inter. Errore. Pietruzzo declina verso il tramonto, Boninsegna alla Juve vince due scudetti. Più avanti: Altobelli che lascia l’Inter (accuse di tradimento) per la Juve, Trapattoni e Lippi che fanno andata-ritorno Torino-Milano-Torino, Marotta che cambia casacca.

La spallata sul Fenomeno

27 aprile 1998, Juventus-Inter, spareggio scudetto visto che i bianconeri sono a +1 sui nerazzurri. E’ il giorno della nota spallata di Iuliano a Ronaldo il Fenomeno. L’arbitro Ceccarini di Livorno non concede il rigore. Quelli dell’Inter svalvolano. Simoni urla a Ceccarini il “Si vergogni, si vergogni” più famoso del calcio italiano, Pagliuca gli rifila persino un pugno sulle costole, Ronaldo il Fenomeno confessa di sentirsi derubato. Luciano Moggi se la ride. Juventus-Inter 1-0, scudetto in ghiaccio.

Tentazioni rifiutate

Sandro Mazzola ha raccontato che negli anni 70 Gianni Agnelli gli offrì un ingaggio raddoppiato e una concessionaria Fiat per passare alla Juventus. Mazzola si prese un giorno per riflettere. Ne parlò in famiglia. Mamma Emilia gli disse: “Il figlio di Valentino Mazzola capitano del Grande Torino non può giocare nella Juventus”. Era quello che Sandro voleva sentirsi dire. Telefonò a Gianni Agnelli: “Grazie Avvocato, ma resto all’Inter”.

Gli slogan di Herrera, la battuta di Allegri

Due allenatori, due battute in tempi diversi a ribadire gli sguardi in tralice tra Inter e Juventus. Helenio Herrera, il Mago che guidò la Grande Inter negli anni 60, negli spogliatoi, tra gli altri, attaccava cartelli di questo tipo: ““Juventus=Fiat. Fiat=Potere”. E Max Allegri, da allenatore della Juventus, di recente, alla vigilia dell’ennesima sfida, disse che affrontare l’Inter era come “giocare a guardie e ladri”: sui social, scoppiò l’inferno.

Gli scudetti (occultati) di Conte

L’ha detto lui: Antonio Conte fa il tifo solo per Antonio Conte. Però: 13 anni da calciatore alla Juve più 3 con 3 scudetti da allenatore lo marchiano di bianconero. Nel biennio sulla panchina dell’Inter arriva uno scudetto. Curiosità: quando nel 2019 viene ufficializzato il suo passaggio al club nerazzurro, nel comunicato ufficiale – snocciolando la carriera di Conte – all’Inter dimenticano (ehm ehm) di citare gli scudetti vinti con la Juventus. Una magia da Silvan, altro che.

Le Roi conteso

Michel Platini nel 1979 fece un provino con l’Inter ad Appiano Gentile. Leggenda narra che Bersellini sentenziò: “Ha un sedere da sposa”. Più verosimilmente: c’erano dubbi sulle sue condizioni fisiche (risultò che aveva un ginocchio ballerino), ma soprattutto l’Inter non poteva tesserarlo (frontiere chiuse) e quando ci riprovò (nonostante un’opzione) era troppo tardi. E’ infatti l’estate del 1982 quando la Juventus impreziosisce una squadra fortissima – ci sono i freschi campioni del mondo – con il polacco Zibì Boniek e, per l’appunto, Le Roi Michel.

I due avvocati

Quando Ernesto Pellegrini comprò l’Inter (1984) l’Avvocato (con la maiuscola) Gianni Agnelli, rivolgendosi a Boniperti, commentò: “Giampiero, ha saputo? Il nostro cuoco ha preso l’Inter”. Pellegrini, infatti, aveva una ditta di ristorazione che serviva (anche) la mensa della Fiat. L’avvocato (con la minuscola) Peppino Prisco tra le tante battute, amava ricordare questa: “Se do la mano a un milanista me la lavo, se la do a uno juventino conto le dita”.

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