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Mbappé stella cadente? L’opaco momento del francese che fa tremare il Real e sorridere il Milan

Il fenomeno francese non ha iniziato bene a Madrid e lo spettacolare attacco di Ancelotti ha una misera media gol

Madrid. Nel groviglio della nuova Champions a 36 squadre, una cosa è già chiarissima. Che Mbappé, successore troppo annunciato di Messi e Cristiano Ronaldo, si sta facendo la fama di Re Mida al contrario: in 7 stagioni al Psg qatarino non ha mai alzato la Coppa Campioni e ha cominciato sulla stessa falsariga al Real Madrid, il cui attacco è rallentato dalla sovrabbondanza di galacticos.

Un rischio Real

Se stasera non battono il Milan al Bernabeu, i campioni in carica, irraggiungibili coi loro 15 titoli, rischiano di non qualificarsi direttamente agli ottavi di finale. L’eventuale sacrilegio degli spareggi di febbraio verrebbe imputato ad Ancelotti, appena insignito del premio di migliore tecnico al mondo e chiamato ad assemblare stelle tatticamente poco compatibili, in aggiunta alla mancata sostituzione di Kroos e al declino fisiologico di Modric.

In verità appare più ovvia la correlazione tra il sospirato approdo di Mbappé a Madrid e la falsa partenza del Real, sconfitto in Champions a Lille e strabattuto dal Barcellona nel Clasico.

Troppa grazia

Dal nobile quanto pletorico attacco (Mbappé, Vinicius, Rodrygo, Bellingham, Güler, Endrick, Diaz) ha tratto finora la modesta media di 0.57 gol a partita (la scorsa stagione 0.91). Complessa è la quadratura del cerchio: Mbappé gioca meglio se parte da sinistra, ma il ruolo è occupato da Vinicius, perciò lui fa il centravanti piuttosto adattato e Bellingham, letale incursore, è limitato dall’arretramento in mediana. Stavolta si profila il compromesso con Bellingham trequartista, dietro la coppia Vinicius-Mbappé. Il quale, alla Ciudad Deportiva, sta piacendo a tutti per professionalità, buon carattere e assenza di comportamenti da primadonna.

I problemi in Francia di Mbappé

Solo che in Francia la pensano diversamente. Dopo la rottura col presidente del Psg Khelaifi, il prode Kylian, alla vista del fratello Ethan (ora al Lille) in lacrime per essere stato messo ai margini, interpretò la decisione di Luis Enrique come effetto collaterale dei suoi screzi con la società e prosegue la battaglia legale per i 55 milioni di euro di arretrati. Ma è nella Nazionale di Deschamps, dove Maignan lo ha rimproverato nell’intervallo della partita persa con l’Italia, che il suo charme è appassito in fretta: se all’Europeo aveva l’alibi delle partite in maschera per la frattura al naso, a ottobre ha perso di colpo ogni indulgenza quando, dispensato dalla Nations League, ha approfittato della pausa per volare a Stoccolma e tornare da un party svedese col peso della nebulosa vicenda di una violenza sessuale, attribuita a qualcuno del suo gruppo.

Il crollo di popolarità e la frecciata a Leao

L’Equipe ha annotato che nei sondaggi sulla popolarità l’ex eroe era già crollato a fine settembre: solo il 54% dei connazionali aveva una buona opinione di lui, contro l’80% del 2018, quando vinse non ancora ventenne il Mondiale, e contro l’evidenza dell’estate scorsa, quando la sua presa di posizione pubblica contribuì al mancato successo dell’estrema destra al ballottaggio delle elezioni legislative. Ora un gol al Milan, che potrebbe varare il tridente Musah-Pulisic-Leao dietro Morata, sarebbe un buon exit poll, però Maignan non è d’accordo: “Kylian non sta attraversando un buon momento, ma è in partite come questa che vengono fuori i campioni”. Si capisce che allude a Leao, riabilitato dopo le tre panchine consecutive in campionato.

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