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Milan, missione Bernabeu per ritrovare la storia. Fonseca contro il Real con Leao, sulle tracce di Van Basten

L’allenatore rilancia il numero 10 per cercare la vittoria, ma può bastare un punto nello stadio del famoso volo d’angelo del fuoriclasse olandese: poi ci saranno 4 partite abbordabili per la qualificazione diretta agli ottavi. Tifosi contro la dirigenza, che si accontenta dei play-off

MADRID – Entrando al Bernabeu vuoto per sottoporsi al rito delle domande prepartita, comunque bonarie a dispetto della classifica di Champions in cui il Milan occupa il ventiseiesimo posto dopo tre giornate, Fonseca ha giurato che la sua squadra non sarà vittima del famoso miedo escenico, il panico che può cogliere chi si trova sul prato di uno tra gli stadi più famosi e imponenti del mondo, quando è popolato dalla muraglia umana che ha appunto reso leggendario il teatro delle partite del Real Madrid.

Fonseca e l’equilibratore Musah

“Non ci accontenteremo del pareggio”, ha promesso l’allenatore portoghese, ribadendo poi che la scelta di lasciare Leao per tre volte di seguito in panchina in campionato è stata ponderata: “Io faccio tutto per il bene della squadra”. Però stavolta – in un assetto inedito, che per bilanciare attacco e copertura potrebbe prevedere Musah a destra, un po’ ala tornante, un po’ interno e un po’ trequartista accanto a Pulisic rifinitore centrale – il numero 10 sarà di nuovo titolare. Perché in Champions non ci si può permettere di lasciare fuori il migliore talento: in tandem con Hernandez a sinistra, resta la massima risorsa per provare a inguaiare il Real di Ancelotti, campione in carica.

Il gol capolavoro di Van Basten

Lo storico stadio madridista, rinnovato a forma di astronave, è metafora della missione quasi impossibile del Milan, che va sulla luna come l’Astolfo dell’Ariosto: non per ritrovare il senno di Orlando, ma per recuperare frammenti della propria nobile storia in casa del Real, galattico per definizione. Proprio qui, nella semifinale del 1989 pareggiata ma dominata (1-1, col famoso gol di Van Basten a volo d’angelo), la lezione tattica di Sacchi fu premessa del clamoroso 5-0 nella partita di ritorno e innesco del formidabile ciclo europeo, inaugurato dalla successiva finale con la Steaua. La memoria del favoloso centravanti olandese, che ha appena festeggiato 60 anni, resiste. Da tempo, però, il rapporto di forza tra Milan e Real si è capovolto.

Alla dirigenza americana bastano i play-off

Un solco si è scavato nelle ambizioni dichiarate dalle due squadre, malgrado la parentesi del 2023 – non certo nella preistoria – quando entrambe erano cadute in semifinale: il Milan con l’Inter, il Real col Manchester City. Secondo le famigerate assumptions, gli obiettivi minimi prefissati dalla dirigenza americana per rendere sostenibile il business, in questa stagione il Milan può accontentarsi di arrivare terzo in campionato e agli spareggi per gli ottavi di finale in Champions. In pratica la partecipazione alla coppa più importante e più ricca è necessaria solo per incassare soldi e per mantenere il bilancio in attivo: pazienza se poi non si va troppo avanti.

Ai tifosi non basta lo scudetto del bilancio

Da questo cortocircuito finanziario-sportivo si evince che l’eventuale sconfitta non sarebbe un dramma per Cardinale, Furlani e Scaroni: basta appunto non uscire dalle prime 24 della classifica e garantirsi la partecipazione ai play-off. Però ai tifosi (poco meno di 4 mila previsti), e in fondo anche a Ibrahimovic dirigente molto sui generis e senza carica ufficiale, questa visione prettamente economica del calcio non piace: per chi si era abituato a vincere, è poco più di un orpello il secondo consecutivo “scudetto del bilancio”, appena vinto con l’attivo di poco più di 4 milioni di euro.

In Champions sono vietate le figuracce

La filosofia di Fonseca, soddisfatto dei progressi nel gioco ma inchiodato dalle due sconfitte con Liverpool e Leverkusen prima della vittoria con brivido contro il Bruges, estremizza il concetto americano dello show business: tutto quanto fa spettacolo. In campionato l’allenatore non ha esitato a usare il pugno duro con gli insubordinati Leao, Hernandez, Tomori e Abraham, a costo di apparire masochista, perché “lo status non va in campo” e “nella squadra Rafa conta quanto Musah e Loftus-Cheek”. In Champions, però, le figuracce non sono più ammesse e la terza sconfitta contro un’avversaria di un grande campionato, dopo quelle con Liverpool e Leverkusen, certificherebbe la differenza di status. Così il Milan al Bernabeu rispolvera Leao, sperando che le tre panchine consecutive in serie A non lo abbiano immalinconito troppo.

L’orgoglio di Leao contro Vinicius e Mbappé

L’altra speranza è che lo stimolo della sfida sul campo a Mbappé e Vinicius riaccenda l’orgoglio del fantasista, sulle orme di Van Basten. Il paradosso è che rischia assai di più il Real, obbligato dalla propria storia passata e recente a evitare gli spareggi di febbraio e atteso dalle complicate partite con Liverpool e Atalanta. Invece il Milan, che si accontenta dei play-off, avrà un calendario in teoria in discesa: Slovan, Stella Rossa, Girona e Dinamo Zagabria. Le simulazioni degli statistici fissano in 16 punti la soglia dell’ingresso diretto agli ottavi di finale, ma non lo escludono a 15 punti. Oggi il Milan ne ha 3. Con un pareggio qui, e poi con 4 vittorie non impossibili, si isserebbe alla fatifica quota 16. E tornerebbe almeno un po’ all’altezza della propria storia. Oggi la sta accantonando, in nome del business.

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