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La strategia di Conte: dietro le accuse all’arbitro Mariani un messaggio per Marotta

L’esplosione dell’ex ct non è casuale: nelle ultime giornate aveva colto segnali sgraditi

NAPOLI – Cosa sarebbe successo se il tiro dal dischetto di Çalhanoglu fosse finito in fondo alla rete, invece che sulla base del palo? E perché un episodio così borderline si è verificato proprio nella sfida al vertice contro l’Inter di Beppe Marotta, il formidabile mentore del suo ciclo d’oro alla Juve? Eccoli i retropensieri che hanno riempito di inquietudine pure il day after di Antonio Conte: dopo il pareggio di domenica sera a San Siro non ha chiuso occhio e si è tormentato senza trovare pace fino a notte fonda, anche se il suo Napoli ha conservato lo stesso il primato solitario in classifica.

La fuga degli azzurri è cominciata il 29 settembre e grazie alla sosta di campionato alle porte sta per approdare al traguardo dei due mesi, ma paradossalmente tra i veleni. “L’errore che abbiamo subito resta inaccettabile: la posta in palio sono il nostro lavoro e i sacrifici che facciamo ogni giorno”, ha infatti sibilato durante il viaggio di ritorno da Milano l’allenatore leccese, rielaborando l’accaduto lontano da taccuini e telecamere. “Il rigore contro di noi non c’era e certi errori rischiano di condizionare il risultato di una partita, se non addirittura della stagione intera”. La controversa decisione presa dall’arbitro Mariani è stata però solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché nel quartier generale di Castel Volturno l’ex ct della Nazionale aveva già drizzato in silenzio le antenne da alcune settimane, fiutando evidentemente qualche segnale a lui sgradito.

Un incendio studiato

L’esplosione di Conte a San Siro non è stata dunque estemporanea e ha fatto solo divampare strategicamente l’incendio, che ha smesso di covare sotto la cenere. “Il Var serve per correggere gli errori e le distorsioni del suo utilizzo nel nome del protocollo possono far venire cattivi retropensieri”. In una piazza come Napoli anche di più, visto che per i tifosi azzurri la cultura del sospetto nelle sfide contro Juve, Inter e Milan è una regola storica e non l’eccezione. Non a caso era stato accettato con qualche ritrosia persino lo sbarco nella più grande piazza meridionale del tecnico leccese, il cui passaggio da una parte all’altra della barricata sembra viceversa essersi compiuto in pochi mesi e con naturalezza. Al grido di bentornato al Sud.

La sfida continua

“A vincere gli scudetti sono il valore patrimoniale della rosa e il monte-ingaggi, ma spesso anche la storia del club…”, aveva subito puntualizzato Conte al suo arrivo sulla panchina azzurra, del resto. Ed è un concetto che pronunciato da lui — ex bandiera della Juventus — suona alle orecchie dei tifosi del Napoli in maniera ancora più convincente. Ma forse fischieranno a Milano pure quelle di Marotta, perché è proprio la sua Inter — almeno per adesso — la principale insidia per la capolista nella lotta al vertice della classifica. La sfida in campo a San Siro si è appena conclusa in parità e al fischio finale il tecnico leccese ne ha fatta subito cominciare un’altra, alzando strategicamente la tensione e l’attenzione pure all’esterno del terreno di gioco. Il primo tentativo di sorpasso di Çalhanoglu è stato respinto dal palo: questione di centimetri. Ma il duello è appena all’inizio.

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