Firenze — Se c’è un filo che tiene ancora uniti il Raffaele giocatore con il Palladino allenatore è quello dell’equilibrio. Nella gestione delle emozioni, con la sua Fiorentina a un solo punto dal Napoli capolista, ma anche dei giocatori, della piazza, delle critiche o dei complimenti che possono stordire. A 40 anni è il secondo allenatore più giovane della Serie A dopo Fabregas del Como ed è già alla sua terza stagione: ha cominciato presto nelle giovanili del Monza, guidava la Primavera quando Berlusconi e Galliani lo promossero in prima squadra e lui portò a casa la storica vittoria sulla Juventus. Cioè il club che lo scoprì a 17 anni quando giocava in Serie C nel Benevento e si rivelò con il suo primo gol fra i professionisti: la favola di Palladino iniziò così. «Era il 2001, segnai al volo di sinistro al Flaminio contro la Lodigiani, c’erano tanti osservatori in tribuna. L’assist me lo aveva fatto Sossio Aruta». Che poi sarebbe diventato una star dei reality e un tronista: «Ci sentiamo ancora».
Quando ha imparato l’arte dell’equilibrio?
«Da calciatore. Non leggevo le critiche, evitavo i complimenti. Adesso sbircio la rassegna stampa ma con l’esperienza gestisco meglio le emozioni. L’equilibrio è la mia forza e lo trasmetto alla squadra che riflette l’animo dell’allenatore».
La sua Fiorentina crede in qualcosa di grande?
«Dopo le prime gare, a mercato ancora aperto, abbiamo cercato gli incastri giusti e la quadra tattica. Si è creata una magia interna: è merito dei ragazzi, quello che fanno durante gli allenamenti è incredibile perché le mie richieste sono toste».
Sei vittorie di fila: potete rimanere in alto?
«Mi piace la convinzione dei miei ragazzi, sono ambiziosi. Alcuni provengono da grandi club, portano questa mentalità e mi fa impazzire di gioia questa cosa. Ma bisogna guardare la realtà: non è facile rimanere lassù, ci sono club attrezzati che hanno speso tanto. Dipende tanto da noi: adesso ci affronteranno tutti per batterci, siamo in alto e diamo fastidio».
Ma lei ha giocatori di carattere. «De Gea, Gosens, Kean. Insieme a Bove, Cataldi e Adli hanno portato la mentalità che serviva alla Fiorentina. Un gruppo fantastico che rema tutto dalla stessa parte. Devo ringraziare il presidente Commisso, il dg Ferrari insieme a Pradè e Goretti che mi hanno consegnato questa rosa».
Kean l’ha voluto lei?
«Sì e la società mi ha subito assecondato. Mi sento un fratello maggiore per Moise. È il primo che ho chiamato a Firenze. Non veniva da anni importanti, ma abbiamo creduto nel ragazzo e nel calciatore. Può fare un grande campionato ma deve stare sempre bene fisicamente».
La preoccupa la clausola da 52 milioni?
«Se arriva una società che paga tutti quei soldi vuol dire che è stato fatto un grande lavoro da parte di tutti (sorride, ndr). Firenze e la Fiorentina devono godersi questo Kean. Pensiamo al presente, che è bello. Abbiamo dato un attaccante fortissimo alla Nazionale. La sua fame e la voglia di andare a far gol all’ultimo secondo col Verona sono il manifesto di quello che sta facendo. Ha una grande mentalità, non deve mai farsi condizionare da niente e qualora si distraesse lo capirei subito. È una mia qualità: lo noto subito, da chi abbassa la testa in allenamento».
Anche Comuzzo è in azzurro.
«Lo chiamo “soldato” perché è così in tutto ciò che fa. Un grande difensore, sono d’accordo con Spalletti. Ha talento nel fermare gli avversari, nei duelli individuali. Adesso viene il difficile: non lo affrontano più come un giovane ma come un nazionale».
Dove ha appreso l’arte della comunicazione?
«Da Galliani e Berlusconi, due esempi mondiali. Ho imparato tantissimo al Monza, sarò per sempre grato a loro».
Utilizza i social?
«Piano piano mi sto abituando, ho un social media manager con cui condivido il mio pensiero, questa è un’epoca in cui è fondamentale dare messaggi ai tifosi, ai calciatori, ai giornalisti».
Perché ha dato una settimana di riposo ai suoi giocatori?
«Era doveroso nei confronti di un gruppo che mi dà tanto ogni giorno. Un giusto premio. Ma non sono in vacanza: hanno un programma di allenamenti, mi hanno promesso che lo rispetteranno».
Si fida?
«Io cerco il dialogo individuale e di squadra. Mi piace capire più l’aspetto emotivo e personale che calcistico. C’è il calcio, okay. Ma a volte ci sono problemi anche interpersonali. Ho 40 anni, mi sento vicino a loro e abbiamo un rapporto moderno. Parlo di tutto: anche di ristoranti e di come si vive a Firenze».
Ha anche un gruppo WhatsApp con loro?
«Ho sempre evitato: penso debbano avere la loro libertà di scriversi. Ogni tanto vado a spulciare i messaggi ma rimane un loro luogo. Però dopo l’ultima partita ho chiesto al team manager di mandare un messaggio».
E cosa diceva?
«Grazie a tutti ragazzi, vi voglio bene».
Parla spesso prima della gara?
«Quando arriviamo al campo, sì. Cerco di toccare i punti che mi interessano, con le parole giuste per stimolare i ragazzi. Ma faccio parlare anche un giocatore a turno. Mi piace sentire le loro emozioni. Così tutti diventano leader. Sono loro i protagonisti e così si stimolano a vicenda».
Firenze è in festa, lo sa?
«I tifosi viola sono unici, vedo nei loro occhi la felicità. Sono quasi sorpresi di questo momento. Però non abbiamo fatto ancora niente: quando la squadra non girerà, avremo bisogno del loro calore. Non so dove potremo arrivare, è un campionato molto equilibrato e dobbiamo concentrarci su noi stessi».
Quante volte la chiama Commisso?
«Il presidente è fantastico. Cinque minuti dopo il triplice fischio arriva la sua telefonata. Percepisco gioia e soddisfazione. È bello perché per noi lui ha fatto tanto».
Gudmundsson è infortunato e alle prese con una situazione processuale ancora aperta.
«Dà valore ancor di più a quel che ha fatto la squadra, senza il giocatore più atteso e pagato. L’ho visto sempre molto tranquillo, gli parlo spesso, ha una grande sensibilità. Lo aspettiamo il prima possibile».
Pensa già al mercato di gennaio?
«Non ci siamo dati degli obiettivi. Firenze è una piazza molto ambiziosa, come la società: dobbiamo cavalcare l’entusiasmo. Non pensiamo al mercato. Poi la società lavora ogni giorno, si confronta con me, cerchiamo il bene della Fiorentina».
Dove vive a Firenze?
«Al Viola Park, dormo qui. Non voglio perdere neanche un minuto della mia giornata per la Fiorentina. Tanti mi dicono che sono pazzo e che dovrei staccare ma non ci riesco. Mi sono appassionato a Xabi Alonso, che vive il calcio in modo totale».
Che pensa di Ranieri alla Roma?
«L’ho avuto alla Juventus come allenatore. È pragmatico, capisce le dinamiche interne al gruppo, sa gestire i campioni. Roma è casa sua, sono sicuro che farà bene e gli faccio un grande in bocca al lupo».
Pensa mai di tornare da dove è partito, Mugnano di Napoli?
«Ho smesso di giocare e ho iniziato subito ad allenare. Non mi sono mai fermato. È stata la mia fortuna. Un giorno mi piacerebbe creare una scuola calcio nella mia terra, portare valori come il rispetto delle regole. E poi la tecnica: nelle scuole calcio si pensa troppo al risultato».