MILANO – L’Italia ha un problema. La qualificazione ai quarti di Nations League non ha risolto l’ultimo, grande tallone d’Achille della squadra di Spalletti. Che rischia di manifestarsi come colossale ostacolo sulla strada dei Mondiali: le palle inattive.
Il problema delle palle inattive
Tre gol su tre contro la Francia sono arrivati da palloni fermi. Due corner, una punizione. Rabiot due volte più rapido dei difendenti azzurri, che si chiamassero Buongiorno – uno abituatissimo alla marcatura – o Locatelli. Ma se avete la percezione che non fosse una sensazione nuova, quella di prendere gol su una palla ferma, non è per caso. Provate a tornare con la memoria alla più bella partita giocata dagli azzurri in questa Nations: Italia-Belgio. Primo tempo di dominio assoluto. Ma che si chiude con un gol, sciocco, subito sugli sviluppi di una punizione dal limite battuta in maniera sorprendente. E il pari incassato sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Siamo a tre, solo contando le partite più fresche nella memoria. Ma non le uniche.
Cosa deve cambiare l’Italia
A Udine addirittura direttamente da calcio d’angolo era arrivato il gol di Israele che, se non aveva inciso sul risultato finale – l’Italia ha vinto quella partita 4-1 – almeno aveva contribuito a denunciare la fragilità sulle palle inattive del gruppo Spalletti: siamo a quota 6 gol incassati in questo modo solo nelle ultime 4 partite giocate. E conta il giusto che 3 li abbia segnati la Francia a Milano. Perché anche con Israele a Budapest non era andata benissimo, con i calci piazzati: da una punizione era nato il batti e ribatti risolto da Abu Fani in gol. Altro marchio nato su una palla inattiva.
La questione di centimetri
Spalletti non si è nascosto: sa che un problema esiste. “C’è stato un grande condizionamento dai calci piazzati “, ha ammesso dopo la sconfitta interna con la Francia. Aggiungendo: “Chiaro che questi calci piazzati li andremo a rivedere, non capita spesso che in area arrivino giocatori di 1 metro e 90, la nostra scelta di marcare a zona sta proprio in questo perché non siamo tanto strutturati, poi analizzeremo e vedremo se cambiare o meno”. Insomma, non è escluso che l’Italia possa cambiare. Almeno l’idea di come marcare sulle palle ferme.