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Profilo basso e concretezza: Palladino e Inzaghi, sfida in panchina

Domenica si affrontano due allenatori che si assomigliano sebbene abbiano idee tattiche diverse. Entrambi hanno imparato l’arte della comunicazione, anche con i giocatori

Che bello vivere settimane così. Voltarsi e guardare la lunga scia di risultati positivi, arricchita dalle sette vittorie consecutive. Alzare la testa e ritrovarsi il Napoli capolista a una sola lunghezza, con la prossima sfida in campionato che mette la Fiorentina di fronte all’Inter con lo scudetto sul petto e la seconda stella appena aggiunta. Domani pomeriggio (ore 18) il Franchi sarà tutto esaurito: ovvero circa 22 mila spettatori, il massimo in tempo di restyling. La Curva Fiesole che annuncia una grande coreografia che possa avvolgere tutto il settore mentre il club viola consiglia, «considerata l’altissima affluenza prevista di presentarsi con ampio anticipo agli ingressi che saranno aperti dalle ore 16».

Raffaele e Simone, la stessa filosofia

Sarà una domenica di grande emozione. Una sfida nella sfida anche in panchina, tra due allenatori che con idee differenti incarnano lo spirito del basso profilo e della massima concretezza. L’equilibrio nelle parole di Raffaele Palladino, la comunicazione tra tecnico e squadra come focus centrale della relazione di Simone Inzaghi nella sua tesi presentata a Coverciano e con la quale ha ottenuto il patentino Master Uefa Pro. Dialogo e forza del gruppo che sono i punti cardine anche dell’allenatore della Fiorentina, che nella sua tesi ha evidenziato l’importanza dell’affiatamento col proprio staff, coi membri del club e coi giocatori con i quali avere un rapporto leale e autentico. Appena arrivato a Firenze, in piena estate, Palladino decise di chiamare al telefono, uno a uno, ogni elemento a disposizione. Per capire quali fossero le motivazioni, le idee, le prospettive presenti e future.

L’esempio di Mancini ed Eriksson

L’ascolto, l’empatia, la capacità di individuare, analizzare e risolvere i problemi interni al gruppo è uno dei tratti in comune con Inzaghi. Due allenatori che dialogano, concedono giorni liberi quando necessario, che mettono la parola “noi” davanti a quella esclusiva “io”. Il tecnico nerazzurro cita Sven-Göran Eriksson e Roberto Mancini come maestri della gestione delle dinamiche, anche di conflitto, interne allo spogliatoio. E Palladino, all’interno delle pagine della sua tesi, afferma: «Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile».

Dal 4-2-3-1 viola al 3-5-2 nerazzurro

Il pensiero corre alla Fiorentina, che da questa estate ne ha già fatta di strada. Dal 3-4-2-1 di inizio stagione al 4-2-3-1 attuale. Ma non è soltanto la svolta tattica ad aver fatto la differenza. Il gruppo di Palladino crede in un obiettivo comune, quello della Champions, e nel corso del tempo ha trovato l’equilibrio in campo e nella gestione delle emozioni. Per Inzaghi, invece, il modulo di riferimento è il 3-5-2 spiccatamente offensivo che tanto piace anche a Premier League e Bundesliga. Una difesa che in fase d’attacco libera i difensori di destra e di sinistra trasformandoli in ali vere e proprie. Non è la ricerca dell’uno contro in ogni zona del campo di marca gasperiniana ma la capacità di attaccare in massa e arrivare con facilità al gol. Grazie anche ai suoi interpreti, in ogni reparto. Nove titoli da allenatore, fin qui.

Gli inizi nelle squadre Primavera

Palladino e l’arte della comunicazione, anche davanti alle telecamere. Inzaghi che dagli esordi in panchina alla Lazio ha studiato per affinare la dialettica ed eliminare alcuni tic verbali (“Spiaze” e “Io penso che” sono diventati virali nel tempo). Per entrambi è il campo a parlare e fosse per Inzaghi eviterebbe anche le conferenze stampa pre e post partita. «Dove arrivo io si dimezzano le perdite, aumentano i profitti e arrivano i trofei», disse una volta. E in fondo è stato così, finora. Fin dagli inizi in biancoceleste, col suo primo trofeo in Primavera battendo proprio la Fiorentina nella finale di ritorno al Franchi. Entrambi, Raffaele e Simone, condividono anche l’inizio di carriere da tecnici: dalle giovanili del club dove hanno militato nella parte finale da calciatori, per poi sfruttare le occasioni (esonero di Longo per Palladino al Monza, esonero di Pioli e dimissioni di Bielsa per Simone alla Lazio) per arrivare in prima squadra e avanzare passo dopo passo.

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