Nella stagione della penitenza e del riscatto il Napoli scrive una pagina da leggere due volte. Oggi, perché si gioca la rivincita dopo la surreale sconfitta di giovedì quando fu messa in campo una squadra-non squadra di soli doppioni, alcuni schierati fuori ruolo, altri sostituiti al minuto 72, quando la Lazio era già ai quarti di Coppa Italia. La seconda il 25 maggio, ultima a Fuorigrotta con il Cagliari, quando si potrà confrontare il risultato finale dell’unico campionato che vede la squadra ancora in corsa, con i costi. Quindi: con gli investimenti di mercato, le spese di gestione, il monte ingaggi di giocatori e staff tecnico, ma anche con il plusvalore del ciclo di produzione.
Come in economia, tutto il resto non conta. Ha una visione platonica anche il calcio: cioè, i due mondi del filosofo ateniese. Uno di fatti, l’altro di fatti parole. Si spiega così l’intervento di De Laurentiis. «Condivido le scelte del mio allenatore. Ha fatto benissimo. Dare spazio a tutti è stata una lezione di vita sportiva». C’è tutta la coerenza dei due protagonisti. Conte dimostra la scarsa affidabilità del parco riserve che vale 150 milioni, chiede quindi due rinforzi. Giusto, perché un centrale per lo stagionato Juan Jesus o l’astratto Rafa Marin è utile. Come un esterno a tutta fascia.
Rilevante la fedeltà del presidente ai patti. Con Conte fruisce per la popolarità di un condono dopo i disastri del dopo scudetto. È tornato a bordo, spostandosi nella cabina dell’armatore per lasciare il ponte di comando al tecnico. Da oggi più che mai sono divisi e uniti. Sanno che c’è tempo per chiudere i conti. Sei mesi a Napoli-Cagliari. Ma sanno pure che insieme si vince meglio. Atalanta e Inter permettendo, non c’è nulla più dell’interesse a rendere forte l’amore in una strana coppia.