MILANO — Un Mondiale itinerante, diviso fra tre continenti, con voli a 10mila chilometri di distanza. Un altro concentrato in un solo regno, con un uomo forte al comando e tante contraddizioni. La Fifa ha ufficializzato le sedi per la Coppa del mondo del 2030 e del 2034. La prima, sarà ospitata da Spagna, Portogallo e Marocco e per celebrare il centenario del primo Mondiale del 1930 prevede tre partite in Sudamerica: Uruguay, Argentina e Paraguay. L’edizione successiva si terrà in Arabia Saudita, dove è prevista la costruzione di 11 stadi. Probabilmente sarà in inverno, per evitare il caldo eccessivo e la sovrapposizione con il Ramadan, dall’11 novembre al 10 dicembre.
I problemi ambientali
Per il Mondiale dei tre continenti la sfida è logistica, con la necessità di spostare il circus del pallone per distanze enormi. Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, mette in guardia: «Non ha senso far volare decine di migliaia di persone in più del necessario. Le oltre cento partite saranno ricordate anche per il danno ambientale. Ci aspettiamo che la Fifa vorrà compensare questo inopinato aumento delle emissioni». Per quanto riguarda l’Arabia, la polemica di associazioni umanitarie riguarda il rispetto dei diritti umani, civili e dei lavoratori.
Lo sportwashing arabo
Tanto il Mondiale del 2030 quanto quello del 2034 rispondono anzitutto a criteri economici: organizzare il torneo in tre diversi Stati comporta una divisione delle spese. E farlo in Arabia — che sta facendo grandi investimenti nella F1 e in altre discipline, dal golf al tennis — significa andare a prendersi soldi in un Paese che sullo sport punta molto con il progetto Vision 2030, e che mira al distacco dell’economia nazionale dal petrolio, di cui i sauditi sono secondo produttore al mondo.
La protesta di Amnesty International
La Fifa, nel presentare i suoi eventi, sottolinea i valori di inclusione e sostenibilità, in base a un protocollo rivisto e aggiornato negli anni. Ma ancor prima di conoscere il dettaglio delle due edizioni, annunciate ieri da Gianni Infantino, sono in molti a protestare. Esprime ufficialmente disaccordo la Federcalcio norvegese, da sempre contraria all’assegnazione dei Mondiali all’Arabia. Una dura critica viene da Fossil Free Football, associazione mondiale che mira a “calciare gli sponsor inquinanti fuori dal pallone”. C’è poi il fronte di chi contesta violazioni dei diritti fondamentali da parte del governo saudita. Per Amnesty International, «questa assegnazione del torneo segna un grande pericolo. Fifa e le federazioni nazionali non possono ignorare la bassissima protezione dei diritti umani, fra lavoratori stranieri sfruttati e vittime di razzismo, attivisti condannati al carcere, e discriminazione legalizzata per l’orientamento sessuale. Le politiche sui diritti umani della Fifa sono una farsa». E annuncia un decennio di iniziative, «per chiedere i cambiamenti fondamentali necessari per proteggere le vite e le libertà».
“Lavoratori sfruttati”
Lina Alhathloul, responsabile per il monitoraggio e l’advocacy di “Alqts for Human Rights”, organizzazione della diaspora saudita, attacca: «È scoraggiante che la Fifa abbia assegnato a Mohammed bin Salman i Mondiali. Ora servono riforme». E Bhim Shrestha, cofondatore di Shramik Sanjal, rete di lavoratori migranti con sede in Nepal, aggiunge: «Siamo sfruttati. Le nostre vite contano. La Fifa non può continuare a chiudere un occhio».