È cambiata la geometria, è cambiato il Napoli. Aveva perso la direzione che è stata sempre quella di Conte. L’ha ritrovata lasciando le ossessive linee orizzontali. C’erano le due sconfitte con la Lazio da superare, la prima surreale con una compagnia di mimi tatticamente scombinati, alcuni fuori ruolo, in un giusto addio alla Coppa Italia. C’era da recuperare almeno qualche giocatore tra quelli precipitati nel tonfo del giovedì nero. C’era da valutare meglio Lukaku, sempre più distante dalle attese eccessive di un carissimo mercato. C’era da allontanare le prime ombre da un ottimo allenatore, mai discusso, ma turbato al punto di ridurre ad otto minuti la conferenza della vigilia. Che cosa è davvero successo tra le quinte del Napoli? Di certo Udine segna un cambio di tendenza. Con un gioco tutto in verticale, alla costante ricerca della profondità, il Napoli esce dai grigiori di gioco e di umore. Dà un senso anche al possesso palla. Che è una iattura se il basso ritmo non crea spazi offensivi.
Facile elencare le nuove luci del Napoli nella undicesima vittoria. A due punti da un’Atalanta, temibile ma inseguita da un Napoli energico e lucido. Napoli che riemerge sullo slancio dei meridionali del Nord a Udine, si chiudano pure le porte ai fedelissimi, ma questo Napoli non sarà mai solo. Si potranno archiviare poi le precisazioni degli ultimi giorni. Troppe volte l’allenatore ha ricordato che la squadra è solo in costruzione. È questo, riflettendo, l’unico segnale di inquietudine in una fase del campionato felicemente risolta. Convince il gioco della ripresa, con Anguissa motore del gioco e pronto a firmare l’ultimo gol. Un cenno del destino sembra invece il primo. Da ricordare la circostanza. Con il Napoli in svantaggio per il rigore provocato dall’impeccabile Lobotka, due elementi sembrano sottotono. Si pensa che rischino il cambio. McTominay che appare come un bagaglio senza indirizzo in un deposito postale. L’altro Lukaku che batte la testa contro i giganti della difesa udinese. All’improvviso come accade nelle più dinamica regia, McTominay lancia in profondità. Come contro il Milan e come si ripeteva nell’Inter 2021 di Conte. Lukaku diventa la gigantografia di se stesso, una proiezione ingrandita sullo schermo dell’immaginazione e dei ricordi, Lukaku che avanzava inarrestabile lasciando alle sue spalle Giannetti, che rotola poi nel disperato tentativo di aggrapparsi al superman belga.
Fuori Kvara, c’è Neres. Già visto in soli 395 minuiti prima, ma sempre efficace, si rivela molto più che un ricambio. Diverso dal georgiano che insegue i suoi coreografici dribbling ma si impone per velocità, frequenza di passo ed anche coraggio. Solo chi ne ha va a segnare il secondo gol del Napoli resistendo a quattro avversari, peccato che il tiro conclusivo sia deviato. Un’autorete tutt’altro che fortunosa. Una sofferenza il duello per il giovane e statuario difensore danese Kristensen. Avanti così, il Napoli ha ritrovato il senso del gioco. In verticale. Mai più tornare al recente passato.