Antonio Conte deve la sua vittoria numero 150 in A ad Alex Meret. Al portiere del Napoli che per una notte torna al comando della classifica, ma nello sconcerto del suo stesso allenatore. Esemplare nel primo tempo per tempestiva aggressività, in vantaggio 2-0 con consapevole superiorità, si vede la squadra all’improvviso liquefarsi.
Più che al gol di Pinamonti all’inizio della ripresa mollemente si arrende all’irriconoscibile Genoa che ritrova memoria ed estri. Lo ferma quattro volte con formidabili interventi Meret. Per agilità e intuito scatta per respingere da terra tiri micidiali, violenti e bassi. Conte rivela il suo amareggiato stupore dopo la partita, corretta la sua analisi, elogia la squadra della prima parte, la accusa per la inattesa metamorfosi. Ma non basta la vibrante requisitoria, sarà meglio cercarne le cause. La reazione del Genoa non risolve il dubbio.
Il Napoli si è lasciato travolgere oltre misura, ha sofferto troppo per la sua superiore dimensione, Meret ha parato oltre misura per essere il portiere della squadra ieri sera primatista, tutto vero. Ma con l’onestà lodevole dell’impegnativa pubblica accusa, conviene una altrettanto serena riflessione. Primo punto, un crollo a metà della stessa partita avrà pure un’origine. Che cosa è cambiato tra un tempo e l’altro? Il secondo punto tocca anche l’allenatore.
I cinque cambi a disposizione sono stati sfruttati bene e in tempo? Il Genoa ha saputo riprendersi una partita compromessa. Le sue sostituzioni sono se non geniali almeno audaci, quindi fortunate. Escono Vitinha che aveva ispirato il gol di Pinamonti (non controllato da Juan Jesus) con una incursione sulla fascia destra del Napoli. Ma anche Badelij che tiene in ordine il centrocampo dopo i vuoti dell’inizio. Cambi sorprendenti per il valore in partita degli esclusi, accelerano invece la reazione del Genoa con il ghanese Ekuban e il norvegese Thorsby.
Se il primo dà ulteriore solidità, il biondo scandinavo sconvolge il versante sinistro del Napoli. Quel lato con Olivera e Neres vivace nel primo tempo, tanto da ripristinare la memorabile catena di sinistra del vecchio Napoli. Conte salva il valore tecnico e tattico del primo tempo, che rimane un modello da replicare. Promette che lo sfacelo della ripresa non si ripeterà. Vero, un avvio inconsueto e perentorio. Con interessanti novità. Temibile Lukaku all’inizio, gira di testa sulla traversa e apre spesso il gioco a sinistra.
Neres solista frenetico negli ultimi 30 metri con la copertura di McTominay che stavolta arretra lasciando ad Aguissa, uno dei migliori, la facoltà di avanzare e segnare anche il primo gol. La fase difensiva è di pari pregio, non solo perché Rrahmani va al raddoppio, ma per la mobilità di tutta la squadra che si ritrae spesso con ben dieci giocatori dietro la linea della palla. Flessibilità perfetta. I cambi di Conte non danno esito. Kvara al posto di Neres, bengala che si spegne lentamente, e Lukaku che lascia il posto ad un fumoso Simeone. Tutto qui dopo 70 minuti. A sollevare dubbi anche Politano tenuto in campo con un piede sofferente. Se ne va stremato. Mai così netto e ampio il cedimento, forse era difficile porvi rimedio. Ci ha pensato Meret.