RIAD – Quando funziona Rafa Leao, funziona il Milan. Era vero ai tempi di Pioli e torna a esserlo in questa nuova era Conceiçao, cominciata da una settimana ma già più ricca di soddisfazioni rispetto ai cinque mesi di Fonseca. Il gentiluomo di Maputo aveva iniziato con Rafa un braccio di ferro che, col senno di poi, gli è costato caro. Il duro di Coimbra invece ha subito messo il fuoriclasse al centro del suo Milan, al punto da buttarlo in campo contro l’Inter dopo appena cinque minuti dall’inizio della ripresa, nonostante non fosse al massimo della forma. «Il nuovo mister ci ha portato un’altra aura. Abbiamo sentito subito il cambiamento, la semifinale vinta contro la Juve ci ha dato tanto», ha detto, raggiante, il numero 10 rossonero al suo rientro in Italia, dopo avere cantato sui social “Milano è rossonera”, commentato in inglese “noi, non loro” un post del club su Instagram e postato il volto di un pagliaccio in risposta a Cassano, che su Tik Tok lo ha definito «giocatore farlocco».
La considerazione di Conceiçao
Nella finale di Supercoppa Italiana, vinta in rimonta dal Milan per 3-2 contro l’Inter, Leao è stato probabilmente il migliore in campo — il dibattito è aperto, la Lega di Serie A ha incoronato Abraham, autore del terzo gol — pur senza aver segnato. Tutte e tre le reti rossonere sono nate dalle sue idee, dai suoi strappi e dalle sue iniziative. Prima ha accelerato, si è fatto stendere da Mkhitaryan e ha conquistato la punizione dal limite del 2-1, segnata da Theo Hernandez. Poi, scambiando e scattando, è entrato nell’azione del 2-2 di Pulisic. Infine ha firmato l’assist del 3-2, quando l’Al-Awwal Park già pregustava i rigori. Bentornato Rafa. «Leao è un fenomeno — ha detto Conceiçao a fine partita –, lui è un portoghese rilassato, io sono più intenso. Può diventare il più grande giocatore del mondo se impara due o tre cose. Ha tantissima qualità, se la mette al servizio della squadra può essere ancora più decisivo. Alla fine della stagione sarà uno dei più forti, non ho dubbi».
La metamorfosi di Leao
La metamorfosi di Leao è tutta in due fotografie, scattate a poco più di quattro mesi di distanza l’una dall’altra. La prima è del 31 agosto: Lazio-Milan è sul 2-2. Theo e il portoghese, esclusi dalla formazione iniziale e messi in campo in corsa, durante il cooling break stanno lontani dai compagni e da Fonseca, che impartisce alla squadra le ultime indicazioni. La seconda è di lunedì: Leao seduto nello spogliatoio, con il sorriso largo dei bambini, la maglia portata al contrario per mostrare il proprio nome sul petto, gli occhiali da sole indossati e la Supercoppa in braccio. Paiono due persone diverse. Sembra passato un secolo.
Quel rapporto con Fonseca mai decollato
Nessuno potrà mai dire con certezza se e quanto la cura del duro amore di Fonseca sia servita a Leao per cancellare quei tratti di indolenza che lo caratterizzano quando non si sente a suo agio, dal punto di vista tattico e umano. Di sicuro, i due stavano almeno formalmente cercando di andare d’accordo, prima dell’esonero dell’ex tecnico della Roma. Già il 13 novembre scorso, in ritiro con la propria nazionale, Leao aveva pubblicamente derubricato le incomprensioni come «cose che succedono». Una settimana prima, in Champions al Bernabeu contro il Real Madrid, aveva servito un assist decisivo. Quattro giorni dopo, aveva segnato una doppietta al Cagliari. Ma non era bastato al Milan per vincere, né a lui per sorridere come fa ora. Con il vecchio allenatore non si trovava per niente, con il nuovo sì. E visto che nel calcio chi vince prende tutto, la rinascita di Leao — ed è lui stesso a dirlo — verrà iscritta in toto fra i meriti del nuovo arrivato Conceiçao.