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Fabio Cudicini è morto: addio all’ex portiere e leggenda del Milan. Aveva 89 anni

Nato a Trieste nel 1935, aveva difeso in precedenza anche la porta della Roma: in rossonero vinse uno scudetto e una Coppa Campioni

MILANO – Dopo Nereo Rocco e Cesare Maldini, se n’è andato ieri l’ultimo della triade dei grandi triestini del Milan: Fabio Cudicini, 89 anni, noto anche come Ragno Nero, lo Yascin italiano. Il nomignolo era stato infatti attribuito in precedenza a Lev, leggenda del calcio sovietico e unico portiere ad avere vinto finora il Pallone d’oro (nel 1963). Entrambi mutuarono il soprannome dall’uniforme di gioco, che contribuiva ad accentuare l’evidenza di uno stile elegante. Nel caso di Cudicini, però, fu soprattutto una partita a consegnare ai posteri la metafora: il quarto di finale contro il Celtic della Coppa Campioni 1969, che il Milan avrebbe poi vinto contro l’Ajax grazie alla serata formidabile del triplettista Prati e di Rivera, Pallone d’oro proprio in forza di quella consacrazione internazionale. Tuttavia quel 4-1 inflitto al Bernabeu alla squadra del futuro fuoriclasse olandese Johann Cruijff non sarebbe stato possibile senza l’eliminazione del Celtic, maturata a Glasgow per le prodezze del già maturo acrobata, immortalate dalla celebre cronaca di Hugh Taylor sul Daily Record: “Il Celtic avrebbe segnato di sicuro, se tra i pali della porta del Milan ci fosse stato un goalkeeper meno magnifico di Cudicini. Con i suoi pantaloni neri e attillati, non ha commesso il minimo errore e ha reso semplicissime le parate più difficili”.

Il soprannome

Lui, provvisto com’era di notevole autoironia, avrebbe raccontato il bizzarro antefatto in un’intervista, per i suoi 80 anni, al giornale dell’Aic, il sindacato calciatori, ricordando che Black Spider sì, d’accordo lo era diventato per via della calzamaglia nera, ma la divisa completa era molto più sgargiante: “La calzamaglia era perché d’inverno pativo il freddo alle gambe, però la maglia era anche gialla, verde, in qualche caso anche rosa shocking e vi lascio immaginare i commenti. Io avevo letto, tra l’altro proprio da uno studio inglese, che i colori più vivaci attiravano i tiri degli attaccanti”. Non deve comunque la sua fama a una mera questione cromatica. Al curriculum manca soltanto qualche presenza in Nazionale: lo Stralongo, l’altro nomignolo (copyright Gianni Brera) dovuto all’altezza (1,91), ha vinto oltre alla Coppa Campioni uno scudetto, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle Coppe col Milan e una Coppa Italia col Milan, una Coppa delle Fiere (antenata della Coppa Uefa e dell’Europa League) con la Roma e un campionato di serie B con l’Udinese.

Il ballottaggio con Zoff

La nutritissima aneddotica racconta del quasi casuale approdo al Milan, via Brescia, dopo i successi romani. Vinse il ballottaggio di mercato con Dino Zoff, che fu carpito al Mantova dal Napoli, ma Nereo Rocco, nell’ingaggiarlo già trentunenne, si volle sincerare in dialetto triestino se davvero fosse motivato: “I me ga dito che a Roma no te gaveva voja de lavorar”. Invece Cudicini lavorò eccome a Milanello, offrendosi cinque stagioni di livello, prima di smettere nel 1972. Milano sarebbe diventata la sua casa anche nella seconda vita da imprenditore, con l’azienda edile che Silvio Berlusconi avrebbe scelto per le pavimentazioni di Milano 2. Il figlio d’arte Fabio Cudicini (il padre Mino fu terzino della Triestina) avrebbe trasmesso i geni del portiere a Carlo, emigrato con successo al Chelsea, dove è poi rimasto come assistente tecnico di Conte e Sarri e come dirigente, dopo essere stato goalkeeper come suo padre, il Black Spider.

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