Madrid – La Supercopa della discordia. E in questo caso, non c’entrano né Dani Olmo né, tantomeno, Pau Victor che si è visto coinvolto nella stessa situazione del compagno di squadra, ma le cui inquietudini non fanno manco notizia. A diventare, loro malgrado, virali sono state, invece, Cristina Palavra e Natalia Kaluzova, compagne di vita rispettivamente di Dani Rodriguez e Dominik Greif, centrocampista e portiere del Maiorca che giovedì 9 gennaio è stato sconfitto dal Real Madrid nella seconda semifinale della Supercoppa spagnola che – come quella italiana – si è giocata in Arabia Saudita.
Il racconto di Cristina Palavra
Per le due donne e le rispettive famiglie i problemi sono cominciati una volta uscite dalla stadio King Abdullah di Gedda quando si sono ritrovate senza un servizio di sicurezza che le scortasse fino al pullman dell’organizzazione che le avrebbe riportate in hotel: “L’uscita – ha raccontato Palavra alla tv pubblica delle Isole Baleari IB3 – è stata complicata. Eravamo con i bimbi e senza un dispositivo di sicurezza e alcun giovani locali hanno iniziato a fotografarci senza il nostro consenso, molestandoci. È successo anche a Natalia, ci siamo sentite in grande difficoltà e non c’era nessuno a proteggerci”.
La denuncia: spinte e insulti
Disagio confermato dalla stessa Kaluzova: “Un gruppo di persone ci è venuta incontro: ci hanno spinto e insultato, riprendendo il tutto e aggredendoci”. E anche Kike Darder, papà di Sergi, centrocampista del Maiorca, ha denunciato a Marca “palpeggiamenti”. Juanmi Sánchez, il giornalista del quotidiano sportivo spagnolo presente ai fatti, non ha usato metafore né mezzi termini: “Li hanno presi in giro e hanno toccato il c..o alle compagne dei due calciatori”.
Le disavventure vissute dai tifosi spagnoli
Alfonso Díaz, Ceo del Maiorca, ha condannato quanto accaduto: “Una vicenda molto delicata: cose simili non dovrebbero accadere né in uno stadio né in nessun altro luogo”. E, invece, sono successe a Cristina, a Natalia e a decine di altri tifosi arrivati a Gedda da Palma: “Durante la partita – il racconto di uno di loro – ci hanno provocato e, poi, all’uscita dallo stadio ci hanno insultato e ci hanno colpito, sbeffeggiandoci e mostrandoci le tre dita per ricordarci il 3-0 incassato dal Real Madrid”.
Il conflitto di interessi nell’assegnazione della coppa
Sin dal suo trasferimento in Arabia, il mini torneo che vede coinvolte le prime due classificate in campionato e le finaliste della Copa del Rey (formula e sede copiate anche dalla Serie A) ha fatto parlare di sé anche e soprattutto per quello che ha generato fuori dal terreno di gioco. Dalle commissioni dell’oramai dimenticato Luis Rubiales – ex presidente della Federcalcio spagnola, travolto dal caso del bacio alla calciatrice Hermoso – a quelle di Gerard Piqué che ha anticipato di sei mesi il proprio ritiro per evitare guai peggiori e respingere l’accusa di conflitto di interessi, considerato che era nell’organizzazione di una competizione alla quale partecipava il club di cui era ancora tesserato, ossia il Barcellona.
Il rapporto tra calcio e diritti civili
Traffici economici e di influenze che avevano finito per distogliere l’attenzione sull’incongruenza di portare un titolo tutto spagnolo in un paese lontano e nel quale le libertà delle persone e, in maniera particolare delle donne, sono tutt’altro che garantite. Eppure la Fifa ha fatto giocare il Mondiale del 2022 in Qatar, lanciando il messaggio che tutto, anche i diritti civili, hanno un prezzo. Pecunia non olet. E poco importa se a intascarsi quasi tre quarti dell’intera somma destinata alle squadre partecipanti siano sempre e comunque Real Madrid e Barcellona, club seguitissimi a quelle latitudini, a prescindere dai loro risultati: “Non ha nessun senso giocare in Arabia”, ha chiosato Iñaki Williams alla fine della semifinale persa dall’Athletic Club di Bilbao contro il Barça . “È un peccato perché una gara così bella, se si fosse giocata più vicino a casa, avrebbe riempito lo stadio anche di tifosi dell’Athletic”. Tifosi? Chi sono costoro?