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Haaland a vita al City: finché gol non ci separi

Il norvegese ha firmato per altri 10 anni: un matrimonio infinito. Ma situazioni simili in passato non sempre sono giunte a buon fine

Nel 2034 Erling Haaland avrà di sicuro 34 anni, qualche ruga in più, un conto in banca da sballo e – ma questo è da provare – una contabilità di reti che gli consentirà di far parte dell’élite dei bomber più prolifici della storia del calcio. Se sulle certezze ci ha messo – concretamente – la firma al momento del rinnovo del contratto con il Manchester City; su tutto il resto si affida al magic-touch dei suoi piedi, che per ora hanno messo a referto 111 gol (di cui 79 in Premier) in 126 presenze con i Citizens.

Dieci anni

Parliamo del prolungamento-record nella storia del calcio inglese. Mai nessuno si era avventurato così avanti, oltre ogni ragionevole dubbio e oltre le colonne d’Ercole – anche – del buonsenso. Contento lui, contenti loro, contenti tutti, persino i difensori a cui – nel video postato sui social – il cyborg centravanti – in rigorosa divisa ufficiale, con una stilografica d’antan, seduto in una scrivania presa a prestito dalla London Library – scrive un’accorata lettera dove in sostanza dice che “penso che abbiamo bisogno uno dell’altro. In altre parole voi mi completate. Quindi quello che ho da dirvi è che mi dispiace, sono qui per restare”.

L’ora più buia

Paradossi del calci: nell’ora più buia del City, nelle settimane che possono incrinare il futuro, nell’anno in cui il meccanismo si è inceppato – ricordiamo che c’è in corso un processo con 115 accuse per violazioni del fair play a carico del club – i due uomini di riferimento della squadra, Pep Guardiola e Erling Haaland, la mente e il braccio, si legano indissolubilmente alla residenza a Manchester. Il perché l’ha spiegato Pep: “Haaland ha deciso di restare tanto qui perché non c’è posto migliore”. L’aveva già ipotizzato Mike ai bei tempi: il miglior “lascia o raddoppia” è quello che spinge verso la seconda soluzione. E allora: più bella cosa non c’è per il Vichingo con il codone, il cui contratto andava in scadenza nel 2027; e più bella cosa non c’è per il City, considerato che nel rinnovo è stata rimossa la clausola rescissoria. Haaland e i Citizens, finché gol non vi separi. Nella Premier il record del prolungamento extralarge lo deteneva fino a un attimo fa Cole Palmer: nove anni con il Chelsea, contratto firmato lo scorso agosto (dopo aver lasciato il City). Anche il giovane Leo Messi nel 2005 firmò un contratto di nove anni con il Barcellona: era appena entrato nel giro della prima squadra, custodiva nei piedi un avvenire luminoso (poi certificato da altri nove rinnovi fino allo strappo finale).

Investimenti e pazzie

Si chiamano investimenti sul futuro. Blindare il domani, nell’attesa che oggi sia un giorno migliore. E ogni tanto, però, anche gli investimenti si rivelano fuori fuoco. Quando il brasiliano Denilson nel 1998 venne gratificato dal Betis Siviglia con un contratto decennale (più altri due anni con clausola di 750 miliardi: totale dodici anni) si pensava che potesse diventare il nuovo Pelé. Ma il poster di Pelé è rimasto attaccato al muro, mentre Denilson è sceso dal piedistallo dove era stato messo. E dopo sei anni (di cui due in prestito al San Paolo) venne ceduto al Bordeaux. Poi è la vita che ci si mette di mezzo: a Iniesta, al passo d’addio con il Barcellona, venne offerto un contratto a vita, ma dopo appena sei mesi il fuoriclasse fece le valigie per il Giappone. Così come Casillas, bandiera del Madrid, non consumò i nove anni previsti dal contratto. A margine: nel calcio, lo sappiamo, il concetto di “a vita” risulta spesso farlocco, stridente con il contesto in cui viene calato, banalmente inattendibile perché troppe sono le varianti e – come a Monopoli – gli imprevisti in gioco, per cui tra la Prigione e Parco della Vittoria si possono consumare molti destini. E questo il City e Haaland l’avranno sicuramente messo in conto.

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