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Bove, De Rossi, Iniesta, Pellissier: quando il giocatore diventa presidente

Calciatori legati a società da dove hanno iniziato tornano per sanare crisi, rilanciare progetti o restituire un po’ di quello che hanno ricevuto in gioventù

Lo fanno spesso per riconoscenza, per una sorta di nostalgica gratitudine verso il passato che gli permette di riannodare il filo del loro vissuto; talvolta perché vengono tirati per la giacca, convinti da vecchi e nuovi amici, altre volte perché può rivelarsi una buona occasione, perché senza pallone non sanno stare o anche per via di quella pigrizia che attanaglia gli ex: sai, cosa c’è, mi compro un club. Daniele De Rossi, nuovo proprietario dell’Ostiamare, società di Serie D che ora – dopo il magic-touch di DDR – si concede il lusso dei provinciali: sognare in grande. Lì dove tutto è cominciato, si innesca una ripartenza fuori catalogo. Non sarà il suo lavoro, De Rossi è un allenatore in stand by. Ma sarà il suo hobby, meglio: il suo impegno quotidiano fino a quando tornerà su una panchina e delegherà ad altri il compito di dar seguito alle sue parole di insediamento: “Inizia un nuovo capitolo, insieme possiamo scrivere una storia che ci renderà fieri”.

Bove e la Boreale

Investire tempo e risorse, con un entusiasmo che non sapevi di custodire. Così Edoardo Bove con la Boreale, il club del quartiere Appio a Roma dove è cresciuto. Bove e i suoi familiari ci hanno messo anima e soldi, la vita che si è messa di mezzo con violenza – e lo strappo con il calcio giocato – lo hanno spinto a ritrovare se stesso là, dove tutto era promessa.

La storia di Percassi all’Atalanta

A Sergio Pellissier era venuto il magone, nel vedere la squadra della sua vita – il Chievo – implodere fino a scomparire. Così si è fatto un regalo, ha comprato un club e – chiamami amore e sarà il tuo nome – da poco ha riottenuto la dicitura originale del club. È anche così che si ricompone un puzzle di sentimenti, come hanno fatto in passato Giorgio Chinaglia – presidente prima dei Cosmos di New York e poi della Lazio – e più di recente Antonio Percassi, arcigno stopper dell’Atalanta in anni in bianco e nero prima di diventarne proprietario, ma anche il “Principe”, Diego Milito, che da un mese è a capo del Racing Club, la società argentina dove è cresciuto e dove si è fatto notare ai primi passi da professionista.

Iniesta in Danimarca

Non è dato a sapersi cosa abbia spinto lo spagnolo Iniesta ad acquisire la maggioranza delle azioni dell’FC Helsingør, squadra danese di seconda divisione; o il senegalese Sadio Manè un club di quarta serie francese, il Bourges Foot. Più evidente l’operazione – prettamente economica – che ha fatto Ronaldo il Fenomeno nel 2018, quando comprò il Valladolid, governato fino a oggi con alterne fortune e comunque prossimo alla cessione (pratica già attuata con il Cruzeiro). E se quello di Del Piero a capo della 10FC – piccolo club californiano – è un modo per investire ed eventualmente capitalizzare un po’ di denaro senza eccessivi rischi; la parabola a declinare ha segnato il mandato di Piqué: il campione-imprenditore per antonomasia nel 2018 ha comprato l’Andorra con una delle sue tante società, ma quest’anno l’ha vista retrocedere dalla Segunda Division alla Primera Federacion, l’equivalente della Serie C.

Beckham alla guida dell’Inter Miami

Capita di finire la carriera in un club e di volerne cominciare, proprio lì, un’altra, come è successo ad Andrea Caracciolo, che quando giocava (Brescia e Palermo tra le altre, più di 200 gol in carriera in tutte le categorie) esultava come un Airone, da lì il soprannome. È al terzo anno da presidente del Lumezzane, l’ha riportato in Serie C e – soprattutto – è orgoglioso di aver riorganizzato la società. Certo, nonostante le ambizioni, non avrà mai alle sue dipendenze Leo Messi, che a tutt’oggi rimane il fiore all’occhiello dell’american dream di David Beckham, dal 2018 presidente dell’Inter Miami.

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