ROMA – La richiesta di rinvio a giudizio per De Laurentiis per falso in bilancio apre una domanda, inevitabile: cosa rischia il Napoli? Nel mirino dei pm sono finite le plusvalenze ritenute fittizie, in particolare quella che ha portato all’acquisto di Victor Osimhen. È vero che il Napoli è già uscito indenne da un processo sportivo proprio per l’affare Osimhen, ma il caso della Juventus, l’unica squadra di alto profilo punita per plusvalenze false, insegna: il codice sportivo prevede la possibilità di revocazione (articolo 63 del codice di giustizia sportiva). Per i bianconeri la procura, grazie alle intercettazione, si convinse – e lo confermarono i tribunali sportivi – di aver individuato un sistema. Qui si contestano singole operazioni, come il trasferimento di tre giovani al Lille (Liguori, Manzi e Palmieri) più il portiere Karnezis per 20 milioni e il passaggio di Osimhen al Napoli per 70 milioni. Nel fascicolo anche altri affari, come il passaggio di Diawara alla Roma in cambio di Manolas.
Napoli, rischio penalizzazione
La contestazione più ovvia è la violazione del principio di lealtà sportiva della correttezza e della probità, come nel caso della Juventus. In questo caso, sarebbe plausibile la possibilità di incorrere in una penalizzazione in classifica. Il regolamento prevede norme molto più severe, nei casi di falsificazione dei documenti contabili o amministrativi per ottenere l’iscrizione al campionato altrimenti impossibile: in queste circostanze, è prevista addirittura l’esclusione dai campionati, ma non sembra il caso del Napoli e dell’affare Osimhen. La cosa certa è che la procura federale ha già chiesto le carte alla procura di Roma: potrebbe riceverle a brevissimo.
I precedenti di Chievo e Cesena
Insomma, nel peggiore dei casi, il Napoli potrebbe andare incontro al taglio di punti in classifica. Ma parliamo sempre di ipotesi. La vera questione quindi potrebbe essere un eventuale ammontare delle penalizzazioni. Nel 2018 erano state condannate per plusvalenze false due squadre, Chievo e Cesena, che si erano scambiate giovani del vivaio a valutazioni che i tribunali sportivi avevano ritenuto gonfiate. In quel caso il fine ultimo per i giudici era stato l’ottenere vantaggi contabili e per questo erano state decise le penalizzazioni del Chievo di 3 punti e di 15 punti per il Cesena: la società, poi fallita, non scontò mai la sanzione. Poi c’è il caso Juve: in quel caso, fondato su perquisizioni e intercettazioni, le operazioni con valutazioni forzate furono ritenuto “un sistema” e punite con 10 punti di penalizzazione. Se valesse questa logica, gli azzurri – anche nel caso fosse riconosciuta una violazione – dovrebbero cavarsela con meno.
I tempi per un eventuale processo sportivo
Poi certo, resta il tema della afflittività della pena: nel caso della Juve si guardò la classifica e su quella base si fissò il valore della penalizzazione. Se, sulla base delle carte della procura di Roma, il Napoli alla fine fosse condannato in sede sportiva, bisognerebbe capire quando arriverebbe la decisione: da quando riceve le carte, la procura federale ha 30 giorni per chiedere la revocazione. Poi una volta presentata la richiesta, la Corte d’appello federale ha fino a 30 giorni per convocare l’udienza. Il primo passo sarebbe discutere l’ammissibilità della richiesta di revocazione. Poi, l’eventuale processo.