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Buffon: “Mio figlio nella U18 della Repubblica Ceca per crescere”

Intervista al team manager della Nazionale: “In azzurro il peso del cognome l’avrebbe schiacciato, avrebbero potuto dire che era un raccomandato e ci sarebbero state aspettative subito molto alte. Così, invece, avrà modo di gestirsi con serenità. E, quando avrà l’età, nulla gli impedirà di scegliere l’Italia”

MONTAIONE — Gigi Buffon, recordman di presenze in azzurro, simbolo e attuale dirigente della Nazionale italiana, suo figlio Louis Thomas, 17 anni, attaccante della Primavera del Pisa, ha scelto l’Under 18 della Repubblica Ceca, il Paese della mamma Alena Seredova.

«Ne ho parlato con lui, ovviamente. La scelta è stata ponderata, anche se ovviamente fa strano vedere un Buffon con una maglia diversa da quella dell’Italia. Fa strano pure a me, però l’ho lasciato libero di scegliere. E credo che in questo momento abbia preso la direzione migliore per lui».

Perché?

«Perché il peso del cognome, se fosse andato nelle giovanili azzurre, gli avrebbe messo tanta pressione. Avrebbero potuto dire che era un raccomandato e ci sarebbero state aspettative subito molto alte. Così, invece, avrà modo di crescere da calciatore con più serenità. E quando avrà l’età, nel caso, nulla gli impedirà di vestire la maglia azzurra».

Come lo ha convinto la Repubblica Ceca?

«Lui parla tre lingue, ceco incluso, ma non è questo il punto. Nedved e Poborsky, uno mio ex compagno e l’altro un ex collega che naturalmente conosco benissimo, sono stati molto carini e discreti nello stesso tempo. Per otto mesi hanno corteggiato Louis Thomas, senza assillarlo. Io gli ho detto che gli lasciavo la massima libertà».

Qual è l’opportunità più importante?

«Affrontare le difficoltà anche all’estero. Temprarsi. Guardate che cosa è successo a Tonali in Premier League. Io stesso, se potessi tornare indietro, farei quest’esperienza molto prima dei 40 anni. Il tempo che ho passato al Psg è stato preziosissimo. Perché mi ha dato la possibilità del confronto. In Italia credevo di sapere tutto del calcio mondiale. Non era così».

Che cosa ha imparato di più?

«Mi sono allenato e ho giocato con calciatori immensi. E ho capito, anche in allenamento, che non si finisce mai di imparare. Valeva anche per uno con la mia carriera. Se uno resta sempre dentro i suoi confini, non si spinge mai al confronto. Che per un giovane è la cosa più utile che ci sia».

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