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La Juventus contro il Verona è a un bivio. Motta si difende ma i tifosi contestano

L’allenatore si assolve dopo l’autocritica seguita all’eliminazione in Coppa Italia con l’Empoli: “Non sono un incapace”. Cori e striscioni degli ultrà davanti all’hotel della squadra

TORINO – Lo dice subito: “Sono stati giorni non facili”. E adesso Thiago Motta è lì, preso in mezzo tra il momento più complicato della sua giovane carriera e una partita che può spedirlo ovunque: sull’orlo del disastro, nell’inferno della crisi, sotto la tempesta della contestazione ma persino in un posto alto che s’affaccia sulla corsa scudetto. Se la Juventus il Verona (torna Kalulu ma non c’è Conceiçao, al terzo infortunio muscolare) e domenica prossima l’Atalanta, sarà terza in classifica: poco più di un mese fa, dopo la sconfitta di Napoli, stava a -16 da Conte, a -13 da Inzaghi, a -9 da Gasperini. Da allora a oggi ha collezionato umiliazioni tra Champions e Coppa Italia, ma si è regalata un altro futuro possibile per il campionato. I tifosi sottolineano gli obiettivi sfumati: erano centinaia sabato davanti al JHotel dove la squadra era in ritiro — di norma non accade alla vigilia delle notturne in casa — hanno contestato con striscioni aggressivi e cori Giuntoli, Motta e i giocatori.

La Juventus rimane una squadra indecifrabile

Come stia davvero la Juventus, non si sa. Le coppe sono state un fallimento, in serie A viene invece da quattro vittorie di fila, anche se solamente due di quegli otto tempi (il secondo contro l’Inter, il primo di Cagliari) sono stati giocati davvero bene. In sostanza, i bianconeri rimangono una squadra indecifrabile e a tratti incomprensibile, le sue potenzialità non hanno contorni chiari (gioca male perché ha messo insieme i giocatori sbagliati o dovrebbe giocare molto meglio perché è piena di giocatori forti?) e la stessa posizione di Thiago Motta è sospesa tra la fiducia che gli ha accordato il club e i dubbi su un lavoro che sta dando risultati altalenanti, senza un minimo di continuità, come se ogni volta ci fosse bisogno di imparare da capo le istruzioni.

L’anomalia del ritiro juventino

Da giovedì a domenica allenatore e giocatori si sono parlati, si sono confrontati, forse si sono pure sviscerati e stasera vedremo l’effetto che ha fatto tutto questo. Sappiamo intanto l’effetto che ha fatto su Thiago, che dopo la notte della brutale autocritica (e ancor più delle brutali critiche ai calciatori) si è dedicato alla domenica della vibrante rivalutazione di sé: “Se avessi dei figli, vorrei che avessero un allenatore come me”, si è spinto a dire. Per la cronaca, ha tre figlie femmine non interessate al pallone. “Non sono un incompetente”, ha insistito. “Anzi, mi ritengo molto competente, è da vent’anni che sono nel calcio”: questo è il suo modo per ribadire che lui di esperienza ne ha, anche se quella che ha accumulato da quando allena non è ancora minimamente paragonabile a tutto ciò che ha vissuto da calciatore. Sono due mestieri e due vite diversi.

I rapporti tra Thiago Motta e lo spogliatoio

A chi ha voluto parlare, Thiago Motta? Di sicuro ai critici ma anche ai suoi stessi dirigenti, che valutano e soppesano quotidianamente il suo lavoro. Più di tutto, ha tenuto a precisare che il rapporto con la squadra “è ottimo, chi dice il contrario dice una bugia”, nonostante gli spifferi che sibilano dallo spogliatoio: “Tra me e i giocatori c’è onestà, c’è responsabilità, c’è comunicazione. Il mio compito è di prendere delle decisioni: ci metto tantissimo tempo a farlo perché non voglio sbagliare con nessuno di loro e loro lo sanno. E le accettano”. O se non le accettano, se lo tengono per sé: Motta quello che pensa ai suoi giocatori lo dice in faccia, loro mica sempre. E non sempre a loro piace che gli venga detto.

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