BERGAMO — Carnesecchi, ma adesso la parola scudetto tra di voi la dite o è ancora tabù?
“In verità lo sapevamo dall’inizio che avremmo potuto puntare molto in alto, solo che finché giochi una partita dopo l’altra non ci pensi. Ora però sì, la parola scudetto nello spogliatoio circola, anche se non ancora con tutta la chiarezza del mondo. Tanto, se anche battessimo l’Inter probabilmente non saremmo primi. È l’ultimo chilometro: non è il momento di lanciare lo sprint, ma di posizionarci bene”.
Rispetto all’Inter, avrete il vantaggio di non fare le coppe.
“Non è un vantaggio, anzi. Giocare di continuo è un benefit, tieni alti il ritmo e la concentrazione, mentre nelle settimane vuote è più difficile mantenere la carica mentale giusta. Contro la Juve ci siamo riusciti”.
Lei dice che le vittorie non danno la felicità, ma è la felicità che fa vincere: conferma?
“È esattamente così. Noi stiamo bene insieme, ci alleniamo in allegria, siamo molto forti. E Bergamo è fantastica, abbiamo tifosi intelligenti che ci portano in palmo di mano anche nei momenti in cui altrove rumoreggerebbero. Noi giochiamo sempre per vincere: neanche con il Real e il Barcellona ci siamo messi lì dietro ad aspettare”.
Non aspetterete neanche l’Inter?
“Gasperini non ci sta dicendo cose diverse dal solito. Per noi è importante l’Atalanta, più che gli avversari. Puntiamo su noi stessi”.
Il trionfo in Europa League ha cambiato qualcosa?
“Tutto. Arrivavamo sempre lì ma ci mancava qualcosa. A Dublino abbiamo detto al mondo: aspetta un attimo, ci siamo anche noi”.
Poteva essere la chiusura di un ciclo e invece è stata l’apertura?
“La cosa più comoda sarebbe stata accontentarsi, ma per la mentalità estrema del mister la finale è diventata un trampolino di lancio”.
L’estremista Gasperini è davvero così duro da sopportare?
“Ma va. Quando entri nel suo modo di pensare sali a livelli, appunto, estremi. La maggior parte dei giocatori con lui cresce in maniera esponenziale2.
Non rinnoverà il contratto, ci state pensando?
“Come fai, con dieci partite in ballo? Provvederanno lui e la società, noi siamo super tranquilli”.
È super tranquillo pure lei?
“Ho raggiunto continuità e maturazione. Sto entrando nella categoria ‘atleti che hanno capito cosa vuol dire essere un calciatore’. E lo sto facendo nell’Atalanta, un top club. A 24 anni, penso di non dovermi porre dei limiti”.
In Nazionale non è stato fortunato a capitare nell’epoca di Donnarumma, Vicario, Meret, Di Gregorio, non crede?
“Al contrario, è fantastico, perché posso competere con i top: è la cosa più bella, solo se ti confronti con i migliori puoi essere soddisfatto quando arrivi al traguardo”.
Lancia la sfida a Donnarumma?
“Gigio è già da un po’ in una categoria in cui io sto entrando. Per l’esperienza in rapporto all’età è un fenomeno. Diventare come lui è difficile, ma ci si può provare”.
In cosa si sente migliorato?
“Prendendo sicurezza giochi meglio. Gasp aveva ragione quando diceva che dovevo mettere i piedi nell’ammorbidente, ma è grazie alla tranquillità che adesso calcio bene. Prima sparavo la palla dove capitava. È stato importante il lavoro mentale su me stesso”.
Si è fatto aiutare?
“Da quando lavoro con un mental coach sono cresciuto tantissimo. Devi essere disposto ad ascoltare e non pensare che l’aiuto non ti serva. E devi accettare che ti metterà le mani dentro al cervello. Ti insegna un modo diverso di respirare, di pensare”.
Anche nella vita di ogni giorno?
“Sì, perché stimola ad analizzare le cose da fuori, come fossi una terza persona. Io sono il più fortunato del mondo: vengo da una famiglia fantastica e sto con una donna che adoro, Valentina. Il complimento che mi inorgoglisce di più è: sei una persona educata. Merito dei miei genitori”.
In campo sembra esuberante.
“Perché entro in una zona mentale di concentrazione che conosco solo io e che non so descrivere. Il portiere è sempre da solo”.
Con la Juve ha esultato per una parata al 90’ sul 4-0.
“Spesso non esulto per me, ma per fare capire ai compagni l’importanza di ogni dettaglio. Mentalità: dare il massimo anche quando sembra tutto già scontato2.
Per questo spesso le vostre partite finiscono in goleada?
“Sì, perché più attacchiamo, più impariamo a rischiare, così alziamo il livello e prendiamo sicurezza per le partite successive. Non alzeremo mai il piede dall’acceleratore”.
Il portiere è da solo anche nella vita?
“Io molto solitario lo sono, solo con Valentina mi sento incredibilmente tranquillo, come in una bolla, potrei anche non parlare per tutto il giorno. Altrimenti sono sempre sul chi va là. Il mio mondo è piccolissimo, sono solare, ma mi chiudo se non sono a mio agio. E non mi piace molto cambiare”.
Resterà a lungo all’Atalanta?
“L’Atalanta è una squadra dove un calciatore vuole andare: qui si gioca bene, si compete, ci si diverte, non ci si accontenta e la società ha obiettivi alti, non dice cominciamo e poi vediamo. Qui c’è tutto”.
Quindi si sente arrivato?
“Non sono sempre stato convinto di arrivare e non sono ancora arrivato, ma comincio a realizzare certe cose. L’altro giorno dicevo ai miei: adesso ci sembra normale che veniate a vedere vostro figlio in serie A, come era normale andare a vedere papà tra i dilettanti in Romagna. Ci sembra di vivere sulle nuvole”.
E lei ci crede, quando si vede dentro al televisore?
“Se sono insieme a qualcuno mi vergogno e cerco di schermirmi”.
Atalanta-Inter sarà in chiaro, la vedranno tutti.
“Quando ero bambino la partita della domenica sera sul divano con i miei era il massimo, è pazzesco pensare che adesso la gioco io per la seconda volta di fila. Sarà come essere sul centrale di Wimbledon”.
Chi era il suo idolo da bambino?
“Gigi. Buffon. Tutta la vita”.