Un cittadino del mondo innamorato della sua terra. Al punto da acquistare il campo dove giocava da bambino, quando non poteva immaginare che un giorno avrebbe vinto la Scarpa d’oro. Lì, al confine tra la sua Torre Annunziata e Torre del Greco, è nata la Immobile Academy, con un’altra area a Boscotrecase. Ciro ne parla da Istanbul, con sano orgoglio: “È sempre stato il mio sogno, creare una scuola calcio dove sono cresciuto. Ho giocato tante partite proprio lì, dai 6 ai 14 anni, prima di andare a Sorrento e poi alla Juve. È una zona difficile, mancano le strutture. Non che a Roma, dove ho vissuto otto anni, sia molto diverso: ci sono scuole calcio con 10 squadre che si allenano sullo stesso campo. Ho deciso di puntare sul nostro territorio perché ci sono tanti ragazzini e ragazzine di talento, non voglio che si chiudano in casa ostaggi di telefonini e PlayStation. O, peggio, che imbocchino strade sbagliate. Mi emoziona percepire la loro gioia, che era la mia, quando hanno il pallone tra i piedi. Abbiamo oltre 300 tra bambini e bambine dai 4 ai 15 anni, mio padre si occupa della parte sportiva e mio fratello Luigi, con nostro cugino, di un po’ di tutto. Con noi c’è Ciro Vesce, che mi allenava quando ero piccolo: osservatore dell’Academy, cura anche la tecnica dei mini-calciatori. Una bella storia”.
Anche la sua a Istanbul è una bella storia, Ciro?
“Sì, mi trovo bene. Adesso ho un’esperienza diversa rispetto ai tempi di Dortmund e Siviglia, mi sono ambientato subito. So gestire meglio certe situazioni: ho imparato l’inglese, qui lo parlano tutti, ma le interviste le faccio in spagnolo. Al Besiktas ci sono due traduttori che conoscono queste due lingue e anche il portoghese. L’accoglienza delle gente turca è stata speciale. Nel mio club, poi, mi fanno sentire una stella, la cura dei dettagli è da grande società”.
Il calcio turco sembra aver fatto un salto di qualità.
“I club più importanti non badano a spese per vincere in Europa, non solo in Turchia. Il fattore chiave per la crescita del movimento è la rivalità tra i tre grandi club di Istanbul, Besiktas, Galatasaray e Fenerbahçe, con la concorrenza del Trabzonspor: per crescere è stato ed è necessario investire, senza soldi non si vince, le eccezioni sono rare. Quindi hanno preso grandi allenatori come Mourinho e i campioni che sapete, Icardi, Dzeko, Mertens, Osimhen e gli altri”.
Li ha sentiti, li sente?
“Ci confrontiamo e parliamo quando le nostre squadre si sfidano. Mertens è stato decisivo per la mia scelta: gli ho chiesto tanti consigli prima di venire. Muslera si è trasferito a Istanbul da anni, ormai è casa sua. Sento spesso Morata, ho parlato a lungo con Icardi. In squadra con me c’è Joao Mario, ex Inter. E da poco ho incontrato Okereke, era alla Cremonese”.
La sua stagione come procede?
“Sono partito forte (è stato in testa alla classifica marcatori con 10 reti, ora è a 11 con 3 assist, ndr), poi un infortunio mi ha frenato. Ho avuto un calo fisico e mentale perché il gol non arrivava: anche in Turchia ci sono le pressioni, i tifosi si aspettano tanto. Da qualche settimana ho ritrovato forma e gol”.
A proposito di pressioni: in Italia chi vincerà lo scudetto?
“L’Atalanta di pressioni ne ha sicuramente meno, ma ha perso lo scontro diretto con l’Inter e il calendario non la favorisce. Napoli è una piazza complicata, Conte cerca di togliere ogni ansia alla squadra dicendo che non sono obbligati a prendersi il titolo, in realtà non pensa ad altro (ride, ndr). Il Napoli ha tutto per farcela, ma a volte sembra bloccato dalla paura di vincere, come a Como e a Venezia. L’Inter del mio amico Simone Inzaghi è talmente avanti in Champions – il Bayern è un avversario tremendo – che rischia di pagare il doppio impegno, anche se ha una rosa super: ma la fatica si sente, tante partite pesano”.
E la sua Lazio?
“La scelgo sempre se devo vedere una squadra in tv, mi diverte. E il 5-0 di Bologna non mi fa cambiare idea. Baroni mi ha dato buone sensazioni nelle due settimane in cui ho lavorato con lui. Meriterebbe la Champions. Per la Lazio, il modello deve essere il Napoli, che è andato in Champions tanti anni di fila anche dopo cessioni importanti: con Tare lo dicevamo sempre”.
Si aspettava il decollo di Castellanos?
“Sì, perché è forte. Io penso che dia il meglio con una punta accanto. E non mi sorprende l’esplosione di Isaksen: in allenamento si notavano le sue grandi qualità. Ma quando arrivi dall’estero nell’anno sbagliato di una squadra, è difficile emergere: a Dortmund a me successe esattamente così”.