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L’incubo di Fagioli, un romanzo criminale da 2 milioni di debiti

Dopo le scommesse vietate, le minacce degli esattori romani: “Ti faccio smettere di giocare”

C’è Nelly, l’esattore senza nome perché fa paura anche soltanto a pronunciarlo. “Fagioli, quanto è vero, lo giuro sui miei bambini che mercoledì se non ho i miei soldi vengo a Torino e te faccio smettere di giocare”. C’è Ludwig, l’amico trapper, che come ormai è tradizione in queste inchieste di calcio e malavita, fa da tramite. E minaccia: “Non fare il furbo: c’ho gli screen che te giochi i falli laterali”. C’è Marco Giordano, il figlio di Bruno, l’ex centravanti della Lazio, oggi procuratore, che si muove e prova a fare da intermediario. “Mio fratello è stato con un nostro amico che è molto, molto pesante, parliamo proprio di romanzo criminale… e ora gli dirà di darsi una grossa calmata, quindi, perlomeno qui su Roma stai tranquillo, che tra mio cugino e questo amico, a Roma non si muove una foglia senza di loro”. E poi c’è lui, l’attore principale di questo romanzo criminale: Nicolò Fagioli, talentuoso centrocampista ex Juve oggi alla Fiorentina, che da malato di scommesse si è trovato al centro di questo triste spettacolo. In cui una banda di criminali ha trasformato un pezzo di serie A in una sala bingo: ritrovo di ludopatici, con tanto di buttadentro stipendiati a provvigione (vedi Fagioli, appunto) e allibratori senza scrupoli, pronti a prestare soldi a strozzo. Gli unici a vincere sempre.

L’inchiesta

L’indagine della procura di Milano che ieri si è presa le prime pagine dei giornali è, infatti, soltanto un pezzo dello spaccato del nostro mondo del calcio. I titolari dei centri scommesse lombardi, la gioielleria che spacciava Rolex per coprire i debiti di gioco, sono soltanto uno dei meccanismi del sistema. Nemmeno il più importante. Un altro pezzo della storia, per esempio, è a Roma. Come documenta una lunga informativa del Servizio centrale operativo della Polizia, confluita nell’inchiesta della procura di Torino (parte di quegli atti sono poi finiti proprio a Milano), un’importante centrale delle scommesse clandestine si trova proprio nella capitale. Giocano “calciatori e cantanti”. A loro si era rivolto sempre il solito Fagioli. Accumulando un debito senza senso. “Il calciatore — scrive la Polizia — era esposto con l’organizzazione presso la quale effettuava le scommesse illegali per circa 2,8 milioni di euro”.

Nelly il criminale

La cifra, evidentemente, è fuori scala. Anche per un calciatore di serie A e della Nazionale. “Non la guadagno nemmeno in un anno”, “so che questo è il vostro lavoro ma mi dovete dare il tempo di rientrare” scriveva Fagioli in mesi che, a credere alle chat trovate nel suo telefono, per lui sono stati difficilissimi. “Ho l’ansia della partita, ma come faccio…” scriveva agli esattori romani che lo minacciavano fisicamente se non avesse pagato. Il suo problema principale si chiamava “Nelly”, criminale romano che la Polizia non è riuscita a identificare con precisione. La scheda telefonica che utilizzava è infatti intestata a un cingalese sessantenne. E ai magistrati Fagioli ha sempre raccontato di non conoscere nome e cognome reali dell’uomo. Certo, non scherzava. Le pressioni erano enormi. Le parole violentissime. Il primo contatto arriva tramite Ludwig, un trapper romano amico di Fagioli. A lui il calciatore chiede di conoscere quelli con cui scommettere. “Sono banchi o hanno agenzie?” gli scrive. “Fagioli — ricostruisce la Polizia — chiedeva se si trattava di amici o di “gente brutta””. “Stai tranquillo” gli rispondeva. “Giocano tutti con questi, cantanti e calciatori”.

L’amico trapper

Il contatto funziona. Fagioli comincia a giocare sulla piattaforma dei romani. E ad accumulare debiti importantissimi. Senza però rientrare. All’inizio sembra andare tutto liscio. Poi invece i toni cambiano. “Hai rotto il cazzo”. “Ma pensi che ce possiamo fare prendere per il culo da te?”. Fagioli ha un fido da un milione. E non rientra. I romani vanno da Ludwig. Che si preoccupa. Fagioli manda un messaggio per dire che “Ludovico (vero nome del trapper) non c’entra nulla. Voi fate il vostro lavoro. Io rientrerò”. Ma quelli vogliono i soldi. E i soldi non arrivano. Ludwig minaccia Fagioli facendo riferimento a screenshot nei quali Fagioli ammetterebbe di giocare sui “falli laterali” con un altro nickname. La procura non li ha mai trovati altrimenti la squalifica sportiva non sarebbe stata di soli 7 mesi.

La grande paura

Fagioli teme per la sua incolumità. Le minacce che arrivano sono violente. “Te faccio smettere di giocare. Ti levo pure la penna per firmare i contratti perché sei un cesso. So tutto, i soldi segnati ad altre persone che sono tutti tuoi” gli dice Nelly. Fagioli però quei soldi non li ha. E allora prima prova, cambiando procuratore, a vendere i diritti di immagine anche per il futuro, da dare in garanzia ai creditori. Poi si rivolge al figlio di Bruno Giordano, Marco. Che lo tranquillizza, sostenendo di essersi mosso con altri malavitosi romani per evitare che gli diano fastidio. Fagioli è disperato e gli scrive un messaggio che è la sintesi, triste, di questa storia: “Ciao Marco. Riguardo a quella situazione purtroppo ti devo dire che veramente non riesco più a resistere. Ho fatto danni ma non so più gestirla oggi mi hanno parlato alla Juve dicendomi se avevo qualche problema perché stanno capendo che ho qualcosa e che gli è arrivata voce del gioco e perché non mi vedono più presente con la testa al campo e alle partite… ora domani non giocherò e se continua a così starò sempre in panchina ma perché è vero non riesco più ad andare al campo felice… Perché la realtà è che ho minacce e tutto e non ho più tempo né scuse né niente. E se scoppia la bomba io sono rovinato a vita. Anche la Juve mi ha detto oggi così. La notte sono triste e al campo non vado più volentieri… Puoi parlare con i capi per capire se possono aiutarmi o no? Perché è un problema più grande di me”.

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