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Lys Gomis, alcol e droga dopo la morte del padre: “Sono fuori dal tunnel, ora aiuto gli altri”

L’ex portiere senegalese, cresciuto nel Torino, racconta il suo momento buio: ”Il calciatore viene visto come un supereroe che non ha problemi”. Con il progetto “Io dico di no” dà speranza a chi è in difficoltà: ”Non bisogna nascondersi, voglio essere un esempio”

”Non poter giocare a calcio per colpa degli infortuni mi ha fatto entrare in un brutto tunnel. Mi sono rifugiato nell’alcol e poi nella droga, non riuscivo a reagire, non avevo più stimoli e mi sono allontanato dai miei affetti”. Inizia così il racconto di Lys Gomis, 35enne ex portiere cresciuto nelle giovanili del Torino, che ha deciso di raccontare il suo momento buio che lo ha portato dall’apice raggiunto con l’esordio sia in Serie A con i granata che nella nazionale senegalese, al declino in cui ha rischiato di buttare all’aria quanto di bello costruito nella vita.

Ascesa e declino

Lys nasce nel 1989 a Cuneo, dove muove i primi passi da calciatore. Si fa le ossa nelle giovanili del Torino e nel 2017 viene eletto miglior giocatore del torneo di Viareggio. Dopo una serie di prestiti, il 30 novembre 2013 debutta in Serie A nel match dei granata contro il Genoa, subentrando al posto di Padelli. Sceglie la nazionale senegalese, dove nel 2014 difende la porta nell’amichevole contro il Mali e prende parte alla Coppa d’Africa. La sua carriera continua con buoni risultati tra Trapani, Lecce, Frosinone e anche una parentesi in Romania al Poli Timisoara. I problemi arrivano nella stagione 2018 a Teramo dove subisce due pesanti infortuni: prima la lesione di alto grado del quadricipite della gamba sinistra, successivamente, dopo un lungo calvario, rimedia il distacco del tendine rotuleo del ginocchio sinistro. Una mazzata che lo porterà poi al ritiro dai livelli importanti e da cui, aggiungendo la perdita del padre, Gomis farà fatica a uscire. È l’inizio del declino.

”Gli infortuni sono un danno anche mentale”

”I problemi sono nati proprio lì – racconta Gomis -. Per recuperare dal primo infortunio, sono stato chiuso in una palestra a fare fisioterapia dalle sette del mattino alle otto di sera per sei mesi. Rientro e dopo sette partite mi rompo il ginocchio. Non ce l’ho fatta ad immaginare di rifare quel percorso per un anno e mezzo, senza poter essere in campo, e di accettare quella sofferenza. Quando ci sono questi infortuni, il danno non è solo fisico, ma anche mentale perché di colpo perdi tutte le sicurezze. Dopo il primo stop, giocavo ma avevo paura, non volevo spingere troppo e questo rischia di distruggerti mentalmente. Per questo, quando ci si fa male, è importante curare l’aspetto psicologico dell’atleta. Non tutti sono come Roberto Baggio: quanti calciatori che guadagnano tanti soldi sono disposti a convivere con il dolore e soffrire per giocare? Lui ha amato più lo sport del suo fisico. E un altro esempio è stato Francesco Totti quando nel 2006 ha deciso di andare al Mondiale nonostante fosse fisicamente ancora in difficoltà”.

”Fine carriera? Andavo nel panico”

Oltre agli infortuni, Gomis ammette che, in particolare alla soglia dei 30 anni, per un calciatore il peso dell’età può portare a scelte sbagliate: ”Quando arrivi a giocare in Serie A o B si rischia di fare l’errore di non guardare al futuro e pensare che quello che stai vivendo non finisca mai. Invece tutto ha un inizio e una fine e un calciatore teme quel momento: io quando giocavo, se pensavo al giorno in cui avrei smesso, andavo in panico. Quando si interrompe quel meccanismo di allenamenti, partite, pressione e adrenalina, hai un vuoto: è come se scompari dall’universo fisico, non esisti più. E ti chiedi “ora che faccio”? Puoi aver guadagnato milioni di soldi e vinto decine di trofei, ma se non hai studiato o programmato il tuo futuro dopo il calcio, arrivi in un mondo dove subentra la noia, la depressione e l’assenza di stimoli. Inizi a vivere pensando ai ricordi e al passato: personalmente parare un rigore o vincere una partita mi dava una gioia e un’emozione che ho avuto soltanto quando c’è stata la nascita di mia figlia. Quando quella scossa scema, ricerchi quella soddisfazione che purtroppo puoi trovare nell’alcol e nelle sostanze”.

Alcol e droga

La Serie A, la Nazionale, i soldi e la popolarità sono un lontano ricordo. Con il distacco forzato dal campo, Lys inizia a rifugiarsi nell’alcol come via d’uscita da questa sofferenza: ”Era il periodo del Covid – ricorda -, per tre anni è andata così. Avevo bisogno di bere per non pensare a quello che era successo”. Ma non è tutto: ”Ho anche fatto uso di cocaina, ho pensato che non stessi facendo del male a nessuno. Ma non mi rendevo conto che stavo uccidendo me e chi mi stava affianco, la mia vita era diventata una bugia”.

Fuori dal tunnel

Ma proprio nel momento più complicato, Lys ha poi ritrovato la forza e la determinazione di uscirne. Ovviamente non è stato un percorso rapido e semplice, ma i demoni di alcol e droga oggi fortunatamente sono un ricordo: ”A chi devo dire grazie? A mia mamma che mi è sempre stata vicino, a mio fratello che non mi ha mai giudicato, anche se ho fatto scelte sbagliate con lui. Ma devo dire grazie anche a me stesso perché ho capito che non stavo lottando da solo, ma avevo un grande gruppo affianco e per la prima volta nella mia vita ho accettato che qualcuno mi aiutasse. Mi sono messo in gioco con umiltà e mi sono tolto l’etichetta di calciatore. Ripartire da zero, per uno che ha avuto tutto come me, non era scontato. Grazie allo sport sono diventato ambizioso e competitivo, ora sto usando queste doti nel mio percorso”.

La prevenzione con il progetto “Io dico di no”

Superato il momento negativo, Gomis ha poi deciso di aiutare chi si trova nella complicata situazione che lui ha vissuto per anni. E da qui l’incontro con Natascha Benincasa, direttrice dell’Associazione Narconon, che spiega cosa di importante è stato fatto, oltre ai progetti futuri: ”Una volta che ha finito il percorso, con Lys abbiamo creato il progetto “Io dico di no” che ha lo scopo di dare le giuste informazioni per prevenire l’uso di alcol e sostanze stupefacenti, soprattutto negli ambiti sportivi. Siamo stati ospiti del Lecce, dove abbiamo tenuto delle conferenze con i più giovani insieme al presidente Sticchi Damiani. Il prossimo 31 maggio saremo ospiti dell’impianto sportivo Pozzomaina per un torneo di calcio e contemporaneamente stiamo andando nelle scuole dove non vogliamo spaventare i ragazzi, ma dare loro, anche attraverso la storia di Lys, le giuste informazioni per evitare certi comportamenti”. E proprio Gomis aggiunge: ”La comunità può ricordare uno spogliatoio di calcio: tutti lavoriamo di gruppo con lo stesso obiettivo. E la vittoria non è una coppa, ma ridare alla famiglia e alla società un elemento di valore che può essere migliore. Devo ringraziare, oltre a Natascha che dà un contributo fondamentale nel salvare le vite, anche Santina Lombardo che mi sta motivando ad essere un uomo migliore e che mette il suo aiuto ai ragazzi prima di ogni cosa, è veramente una forza della natura. Ringrazio poi i colleghi Stefano Tosco, Lorenzo Pedani, Francesco Cepparulo, Daniele Liberanome, Kristian Gocev, Cristian Senn, Roberto Rubbi e Giordan Lenoci. Sono fiero di lavorare con loro, posso dire che il Narconon Piemonte è diventata la mia famiglia”.

”Sto rivedendo lo spirito Toro”

Chiusura dedicata al calcio. Gomis commenta la stagione del Torino e, da portiere, di Milinkovic-Savic, che quest’anno ha parato quattro rigori su cinque: ”Vanja come rendimento lo metto nella top 5 dei portieri. Ha ricevuto tante critiche, ma ha reagito in silenzio e ha fatto parlare il campo. La società granata ha fatto benissimo a gennaio, in particolare acquistando Elmas che è un grande giocatore. E poi mister Vanoli è bravissimo perché è riuscito a creare un gruppo unito, si sta rivedendo il vero spirito granata”. Ultima battuta su Carnesecchi, suo ex compagno di squadra al Trapani: ”Già da ragazzino era fortissimo, sta facendo una grandissima stagione e merita la Nazionale. Davanti ha Donnarumma quindi non sarà facile togliergli il posto, ma gli faccio i complimenti perché sta ottenendo quello che si merita”.

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