Da un’emergenza all’altra. Si complica il count down per Antonio Conte in vista della sfida di domenica sera (ore 20.45) al Maradona contro il Torino: la prima delle cinque finali per lo scudetto che attendono il Napoli. Al lungo stop di David Neres – che costringerà gli azzurri all’ennesima rivoluzione in zona gol – si sono infatti aggiunti a Castel Volturno i forti dubbi sul recupero di Alessandro Buongiorno, che a due giorni dalla gara contro la sua ex squadra non è ancora certo di potersi riprendere un posto tra i titolari.
Rischia dunque di essere molto rimaneggiato pure il reparto arretrato azzurro, visto che si è conclusa in anticipo per un problema muscolare anche la stagione di Juan Jesus. A Monza ha esordito con luci e ombre Rafa Marin, unico centrale di ruolo rimasto: è quindi possibile che tocchi ancora a lui. È certo invece che per la capolista (alla pari con l’Inter) la volata tricolore debba ripartire con un rebus davanti a Meret: minando dalle fondamenta del primato.
Il migliore attacco è diventato infatti la difesa, in fisiologica controtendenza con il recente e dolcissimo passato. C’era una volta il Napoli a trazione anteriore del formidabile tandem offensivo formato da Victor Osimhen e Khvicha Kvaratskhelia: i due uomini gol che con la guida sapiente di Luciano Spalletti misero la firma sulla cavalcata trionfale del terzo scudetto: nella primavera del 2023. Sembrava l’inizio di un’era azzurra di calcio spettacolo e invece a distanza di appena due anni nelle mani di Conte c’è una squadra che dalla cintola in su non ha più la stessa qualità: tant’è che il tecnico leccese ha dovuto fare di necessità virtù per sgombrare le macerie della scorsa stagione e tornare con altre armi al vertice della classifica.
Adesso sono infatti la resilienza e la solidità del reparto arretrato i punti di forza del capitano Di Lorenzo (uno dei pochi anelli di congiunzione tra vecchio e nuovo) e dei suoi compagni, che stanno basando la loro imprevedibile e tenace rincorsa al poker tricolore sulla capacità di resistere a tutte le avversità.
Il principale segreto dei 22 punti in più in classifica rispetto al campionato scorso è infatti la tenuta della difesa del Napoli, che ha subito finora appena 25 gol in 33 giornate. È un dato che nessun’altra squadra può vantare in serie A e nemmeno negli altri quattro tornei top d’Europa: Inghilterra, Spagna, Germania e Francia. Conte ha costruito un bunker quasi inespugnabile e grazie alla solidità del suo reparto arretrato è riuscito a maschera anche le carenze in attacco, senza pagare dazio alle 20 reti in meno realizzate rispetto all’Inter. Gli azzurri sono stati invece bravissimi a coprirsi le spalle e sono riusciti a tenere duro anche nei frequenti momenti di emergenza, quando si è addirittura reso necessario il cambio di modulo dal 4-3-3 al 3-5-2. Sono state ben 11 le partite saltate per infortunio da Buongiorno e a più riprese si sono fermati pure Olivera e Spinazzola, mentre è già finita in largo anticipo per un problema muscolare la stagione di Juan Jesus. Ma la porta difesa da Meret (e in qualche occasione nel girone d’andata da Caprile, quando si era fatto male anche il portiere friulano) è rimasta lo stesso quasi sempre inavvicinabile per le avversarie di turno. Al di là dei giocatori utilizzati. Per questo i 50 mila tifosi attesi allo stadio Maradona possono sperare che il tecnico leccese trovi l’antidoto giusto all’ennesima emergenza con il Torino. L’ex ct sta facendo i miracoli per non farsi beffare dalla coperta corta: in difesa e in attacco. Senza di lui il sogno scudetto sarebbe sfumato da un pezzo.