Il numero dei giocatori stranieri nel campionato di Serie A ha raggiunto vette da record. Quest’anno è stata già superata per la prima volta quota 400, esattamente 401 stranieri (su un totale di 588 giocatori) mandati in campo. E la stagione non è ancora finita. Il precedente record era 377 nella stagione scorsa, così come nel 2021-22. Sebastian Otoa (difensore danese in forza al Genoa) e Sergiu Perciun (centrocampista moldavo che gioca nel Toro) con il loro debutto hanno contribuito a fare infrangere il muro dei 400 stranieri impiegati. In questa stagione, il 68 per cento di chi è sceso in campo non può indossare la maglia azzurra: gli italiani sono sempre meno (187 sinora), si è scesi sotto il 33 per cento. Scomparsi.
Un problema serio per Spalletti e per i ct delle Nazionali giovanili: qualche risultato positivo, è vero, c’è stato sinora fra i ragazzini ma non ci sono grandi speranze per il futuro. Gli italiani giocano sempre meno e alcuni, non molti per la verità, hanno tentato la fortuna all’estero.
In questo campionato sono rappresentate ben 77 Nazioni: la Francia batte tutti con 45 giocatori e se un club italiano volesse utilizzare tutti i giocatori della nazionale francese potrebbe tranquillamente farlo in base alle norme comunitarie. Dopo la Francia seguono Argentina (28 giocatori) e Spagna (34). Gli stranieri, dicono i presidenti, costano meno degli italiani, e non sempre è vero: una volta si pescava nelle serie minori, B e C, ora sempre meno.
L’Udinese sinora ha utilizzato 27 stranieri e solo tre italiani (Lucca, Pafundi e Padelli). Seguono Parma e Verona con 26 calciatori ciascuno non selezionabili. La Juve ha utilizzato invece 9 italiani e 20 stranieri. Il Cagliari è la squadra meno esterofila di tutte (solo 12 stranieri).
Sui comunitari non si può fare nulla: libera circolazione. Sugli extracomunitari si poteva fare qualcosa in passato: ma ci voleva un calcio più unito, ci voleva un patto fra gentiluomini per mettere dei limiti, dei paletti. Non c’è mai stato, troppi interessi, troppe debolezze. Gabriele Gravina, al suo terzo mandato come presidente Figc, e Umberto Calcagno, alla guida del sindacatori calciatori, conoscono bene, e da anni ormai, questa situazione. Mettere un freno adesso diventa complicatissimo: ma forse si potrebbe incentivare, magari dal punto di vista economico, chi fa giocare più italiani. Si potrebbe tentare, con maggior impegno, dalle serie minori. Ma sperare di tornare al passato ormai è pura utopia.