NAPOLI — Anche la premessa è un tuffo nel passato, perché il tempo non ha scalfito la schiettezza dell’uomo. «Sarò di parte, me ne scuso in anticipo». Uno scudetto è per sempre, specie quello vinto da Ottavio Bianchi sulla panchina del Napoli, il 10 maggio del 1987. «Era il primo nella storia del club e fu ancora più speciale: ne conservo ricordi indelebili e confesso che rivedere gli azzurri lassù mi emoziona, a 81 anni posso permettermi di non esser neutrale». Superfluo chiedergli per chi tifa, nel duello al vertice tra due squadre che lui ha allenato. «Non mi domandi nemmeno come finisce e mi risparmi gli scongiuri». Nel calcio tutto può succedere: persino che la scaramanzia si arrampichi sulla sua terrazza di Bergamo Alta.
Racconti, Bianchi: come vede da casa sua la lotta scudetto?
«Imprevedibile nel suo sviluppo, ma con un’evoluzione finale che adesso si sta facendo più nitida».
Come il percorso del Napoli…
«Veniva da una stagione tribolata, deludente. Gli azzurri erano ripartiti ipotizzando il ritorno in Champions, per questo non era prevedibile trovarli così in alto».
Che idea si è fatto della scalata degli azzurri?
«Graduale e un po’ agevolata anche dai demeriti altrui: strada facendo sono sparite le concorrenti storiche per lo scudetto. Inter, Juve e Milan hanno perso punti, ma il Napoli è stato è stato bravo a mettersi nelle condizioni di approfittarne».
Alla fine è diventato un duello…
«L’Inter è stata l’unica antagonista vera del Napoli, ma paga un dazio pesante al calendario moderno, in cui alle grandi squadra capita spesso di giocare una stagione in dieci giorni. Ci sono già passate le big inglesi e spagnole. Arrivare fino in fondo in più competizioni può essere un rischio non calcolato».
È questo che succede all’Inter?
«Stanchezza e infortuni gravi ci sono sempre stati. È cambiata la gestione dei microtraumi, che si superavano tirando il fiato 3 o 4 giorni. Con il calendario moderno è impossibile. I big non recuperano mai il top della forma e arrivano al massimo al 70 per 100. Nell’Inter sono in tanti sulle ginocchia».
Conte non ha questo problema.
«Immagino il suo lavoro a Napoli, con gli allenamenti specifici settimanali che alla distanza sono stati la differenza. Nelle altre squadre invece bagni e massaggi…».
Inzaghi cosa ha da rimproverarsi?
«Certe situazioni gli allenatori le subiscono ed è ovvio che Inzaghi abbia provato a vincere tutto, poi però c’è il ragionamento specifico».
Spieghi, Bianchi.
«Quando vinsi lo scudetto con il Napoli, nel 1987, la Coppa Italia era una maratona di 13 partite e mi feci portare avanti da quelli che giocavano meno in campionato. Funzionò e conquistammo entrambi i trofei».
Anche Conte lo ha fatto con il Napoli in Coppa Italia…
«La scelta di Conte di uscire subito è stata intelligente. Ma Inzaghi è stato pure sfortunato a trovare nella semifinale di Coppa il Milan, perché nel derby rinunciare ai titolari diventa ancora più difficile. All’Inter hanno cercato di centrare il Triplete e sbagliato i conti. La mia tuttavia non vuole essere una critica. E poi non tutto è perduto».
L’Inter di Barcellona è viva.
«Partita aperta, buono il risultato per l’Inter. In trasferta può essere più facile, negli spazi aperti. Ma il Barcellona mi è parso meno squadra: punta tutto su Yamal e pecca in difesa. Vediamo a Milano».
E in campionato, invece?
«Dubito che gli azzurri possano farsi risuperare. Società sana, organico valido e un allenatore di cui è superfluo parlare. Conte ha un Napoli che non molla mai».
Conte è un sergente di ferro, come Bianchi nel 1987.
«Io avevo appena due collaboratori, Paragoni tra epoche non se ne possono fare. Conte però è il top per gestire questo momento, da uomo del Sud. È arrivato al momento giusto: è più complicato dopo il successo. Era andato via Osimhen e poi ha salutato pure Kvaratskhelia, ma grazie al Napoli stiamo avendo la conferma che il calcio è un gioco di squadra, che il collettivo esalta i singoli e non viceversa. Prendete McTominay: cresce gara dopo gara, lui è stato una bellissima sorpresa».
Non è invece una sorpresa che sia in testa il Napoli subendo meno gol.
«In Italia è così. Tutti i giocatori devono partecipare a entrambe le fasi e in questo il Napoli è super».
Che succede se il Napoli vince il secondo scudetto in tre anni?
«Che l’egemonia del calcio italiano si sposta per un po’ al centro sud: sarebbe la più grande notizia».