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La cicatrice di Donnarumma. Da Tevez a Ribery: gli Scarface nel calcio

Rimasto segnato dopo un terribile scontro di gioco, il portiere ha dichiarato di sentirsi più aggressivo da quel momento. Ma anche tanti altri che hanno avuto la stessa disavventura ne sono usciti forgiati nel carattere

Portano sulla pelle il segno di una ferita, conferendo alla stessa poteri magici. Se Leonard Cohen ci ha spiegato che in ogni cosa c’è una crepa ed è esattamente lì che entra la luce, Gigione anzi Gigio-One Donnarumma ci ha ricordato che ogni cicatrice ci fa più guerrieri. “Il taglio che ho sul viso mi ha reso più aggressivo”, ha detto, scherzando ma nemmeno poi tanto, l’eroe di Parigi che ha spinto – con le sue straordinarie parate – il Psg in finale di Champions League. Il trauma facciale risale allo scorso dicembre, provocato da un involontario calcione in faccia di Singo in Monaco-Psg. Da quella notte Donnarumma è diventato un muro insuperabile.

Tevez segnato dall’acqua bollente

Non sono rari i campioni che custodiscono – in faccia, nelle ginocchia o altrove nella sagoma del corpo – la loro personale mappa del dolore. Aveva un anno Carlitos Tevez quando si ustionò accidentalmente viso, collo e petto rovesciandosi addosso una pentola di acqua bollente: rimase due mesi in terapia intensiva. Se il suo soprannome più celebre, l’Apache, fa riferimento a Fuerte Apache, il barrio dove è nato di Ciudadela, periferia polverosa che si affaccia di sguincio su Buenos Aires; ecco che Machado – così lo chiamavano all’inizio in Argentina – rimanda proprio al viso sfigurato dall’ustione.

Franck ‘Scarface’ Ribery

Franck Ribery si è sempre detto “orgoglioso delle mie cicatrici, perché mi hanno dato forza e hanno forgiato il mio carattere”. Il francese ha la faccia attraversata da due tagli netti. Uno, quello sulla fronte, sembra un elettrocardiogramma impazzito; l’altro, che gli segna la guancia destra, parte dalla tempia e gli arriva al mento somiglia a una cannuccia storta impigliata tra le labbra. Sono frutto non di battaglie in qualche banlieue ma di un incidente in macchina con i suoi, quando aveva soltanto due anni. “Devi essere forte mentalmente – ha detto Ribery – per affrontare le risate degli altri bambini e gli sguardi degli adulti. E io la forza che mi ha fatto diventare quello che sono l’ho trovata da bambino”.

Cubarsì e Gavi, giovani ma già segnati dal campo

Pau Cubarsì, il giovanissimo talento difensivo del Barcellona, lo scorso novembre, durante una sfida di Champions con la Stella Rossa, è uscito dal campo con una maschera di sangue sul viso: dieci punti di sutura a ricordo di una notte che per lui – come per altri che hanno vissuto la stessa esperienza – segna un prima e un dopo. In Spagna però è il suo compagno di squadra Gavi il calciatore “con più cicatrici al mondo”: nel 2021, dopo la semifinale di Nations League vinta dalla Spagna sull’Italia, l’allora 17enne postò sui social una foto che lo vedeva sfregiato da una serie di escoriazioni sul petto, a memoria dei tacchetti affilati di un avversario azzurro. Gli spagnoli incolparono Giorgio Chiellini, che comunque – da gladiatore quale è stato – si è rotto il setto nasale cinque volte. Guerrieri nella notte, ma anche delle botte.

I denti ‘pochi’ dello Squalo Joe Jordan

Come Joe Jordan, lo “Squalo” scozzese che all’inizio degli anni 80 giocò nel Milan: aveva perso una decina di denti, in campo ci andava sfoderando un clamoroso sorriso da cruciverba. A Victor Osimhen, lo ricorderete, nel novembre del 2021 ricostruirono completamente il volto dopo uno scontro con l’interista Skriniar. Il chirurgo che lo operò – tre ore e mezza di durata, sei placche facciali e diciotto viti – spiegò che aveva venti fratture e l’occhio fuori dall’orbita. Non ci vedeva più. Invece ci vide benissimo. Quando tornò – con la maschera protettiva – ricominciò a segnare. Come prima, più di prima. Ma nulla è paragonabile alla decisione presa da Jaap Stam quando, dopo uno scontro in Olanda-Repubblica Ceca di Euro 200, si fece ricucire l’arcata sopracciliare in campo. Senza anestesia. Da vero Robocop. E senza fare un plissé.

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