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Claudio Ranieri: “Figure sbagliate hanno frenato la Roma. L’allenatore? Già scelto”

Intervista al tecnico giallorosso prima dell’ultima panchina della carriera: “Non rivelo il nome del mio erede neanche a Venditti. Friedkin vuole la Champions, ma gli interpreti fin qui non erano quelli giusti. Totti non ha ancora trovato la sua strada”

ROMA — Claudio Ranieri arriva in maglietta della Roma e pantaloncini. Niente telefonino: «Un incubo, vogliono tutti sapere il nome del nuovo allenatore». Domenica a Torino sarà l’ultima partita di una carriera iniziata 39 anni fa. I calciatori gli hanno preparato una sorpresa, finge di non saperlo: «Sono dei maledetti, degli ingrati…», ride. «Ma più bugiardi dei calciatori sono solo gli ex calciatori che diventano allenatori».

Quindi non è vero che smette?

«Su quello non scherzo. Sono stato super fortunato: volevo essere un calciatore e ci sono riuscito. Non pensavo di diventare allenatore, poi ho studiato per riuscirci: nel 1986 mi chiamò la Vigor Lamezia, in Interregionale. Il campo non mi mancherà: ho un altro progetto».

Ce lo spiega, nel dettaglio?

«Sarò il consulente di Dan Friedkin: parlo spesso con il presidente, gli dico le cose che vanno bene, quelle che non vanno, lui mi ascolta e poi agisce. L’ho fatto già quest’anno».

Consiglierà anche i giocatori da acquistare?

«Un po’ tutto quello che appartiene all’area tecnica. Le questioni non sportive non le capisco e non le voglio capire».

Chi allenerà la Roma al suo posto?

«Mio fratello mi ha chiama e mi fa: “Ma almeno a me lo dici? Me lo chiedono tutti!”. E io: “Per questo non te lo dico, così non si sparge la voce”. Pure a Venditti ho detto: “Lo saprete il 1° luglio”. Mi fa: “Ma se arriva a luglio non conosce i giocatori”. “Glieli spiego io”, gli ho detto».

Ma avete già l’accordo con il nuovo tecnico?

«Certo. C’è già. Ma deciderà il presidente quando dirlo».

Direbbe ancora: Gasperini non sarà l’allenatore della Roma?

«Nessuno sarà l’allenatore della Roma».

Chiunque sia, non rischia di lavorare con l’ombra di Ranieri? «Farò solo il consigliere. Starò nel mio cantuccio, nell’ombra, fuori dai riflettori: se il nuovo allenatore avrà bisogno, sarò sempre a sua disposizione. Ma il mio cassetto di vanità è molto piccolo e si è riempito anni fa».

Che farà da lunedì?

«Voglio andare in Giappone, in India. Mia moglie ride, dice: “Voglio vedere quando lo faremo”. Un anno fa mia figlia già mi aveva regalato tutti i libri su Tokyo e consigliato i ristoranti. Poi…».

Una cosa che la rende felice?

«Avere amici sinceri, quelli di Catanzaro. Ci stiamo un po’ assottigliando e questo fa parte della vita. Poi la famiglia, i nipotini: la piccoletta ci farà mangiare i gomiti. Invece il mio nipotino si chiama Giorgio in onore di Chinaglia: mia cognata è laziale».

L’ha resa felice questa cavalcata con la Roma?

«Quando sono entrato ho pensato: in una settimana metto a posto la squadra. Lo spogliatoio era sano, andava ricreata l’autostima, i giocatori sono stati bravissimi. Hummels disse: “Riprenderemo la Lazio”. Io neanche gli diedi peso. Per me era importante portar fuori la Roma dalle sabbie mobili».

La chiamano “aggiustatore”.

«Delle etichette, da buon romano, non mi frega niente. Che posso dire, che sono un rompitore?».

Dei ragazzi che ha allenato a chi è più legato?

«Ne ho avuti tanti. Mutu, che al Chelsea avrei voluto in coppia con Adriano. Totti, Del Piero, Francescoli, poi Lampard, John Terry. Lo vidi nella seconda squadra e dissi: questo diventerà il capitano della nazionale. E Zola».

Lui lo ha allenato due volte.

«Arrivai a Napoli subito dopo Maradona, Ferlaino voleva prendere un numero dieci. Gli dissi: farebbero tutti il paragone con Diego, lo uccideremmo. Punti su Zola. Sono queste le cose che riempiono il mio cassetto di vanità».

Ha mai avuto la squadra contro?

«Succede nel calcio, metto tutto alle spalle, è esperienza. Ci dissero a Coverciano: fare l’allenatore è come avere il paracadute. A volte si apre, a volte non si apre. Poi a volte non mi hanno dato neanche il paracadute».

È stato un allenatore paterno?

«Con me funziona così: ci sono delle regole e le scrivono i giocatori. Ma devono rispettarle. Sono molto democratico finché fanno quello che dico io».

E accetta i capricci, i ritardatari?

«Non è che se uno arriva tardi, paga la multa. Mi sembra sciocco. Però se lo fa spesso, divento molto poco tollerante. Anni fa, tournée in Giappone, un ragazzo è arrivato tardi due volte. Non l’ho multato, gli ho detto: prendi l’aereo e torni a casa, l’ho mandato via».

Vede Totti nella Roma in futuro?

«Francesco non ha trovato la sua strada. Ha cercato di fare l’allenatore, è andato al corso di Coverciano, dopo quattro giorni se n’è andato. Uomo immagine? Ma a lui piacerebbe farlo?».

Ha detto che andrà ai giardinetti l’anno prossimo. Ha già scelto la panchina?

«Quella tra San Saba e Testaccio».

Oggi Napoli e Inter si giocano lo scudetto: chi lo vince?

«Mi tengo fuori dai casini: vinca il migliore».

Quando potrà vincere la Roma?

«I Friedkin vogliono portarla stabilmente in Champions. Poi, se sei lì puoi vincere o perdere, ma loro hanno questo sogno».

Cosa è mancato finora?

«Sicuramente hanno sbagliato interpreti. Mi auguro di essere io la persona che li possa aiutare».

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