NAPOLI – L’aria è ancora elettrica, si va a piedi per chilometri, si mangia, si parla tanto. È l’immenso var, la festa rispiegata da ogni angolazione. “Io a un certo punto ho visto la nottata davanti a me. T’ ‘o giuro, ho detto basta. L’Inter aveva segnato, l’angoscia era troppa, ho spento la radio, la casa in silenzio”, ti racconta Antonio, l’irrequietezza di sempre, il fisico asciutto da vecchio nuotatore di mare. “Ma perché Anto’: tu la seguivi in radio, hai questo coraggio? E poi che hai fatto?”, ride Giovanni. “E poi ho riacceso, e quando abbiamo segnato, mi sono messo a fare le capriole sul letto. Quelle dei bambini, vere, io da solo, alla mia età. Come nu criaturo”. Bar di Posillipo, le undici di ieri, poca foschia, luce calda, il golfo che fa le fusa al quarto scudetto della storia, il Vesuvio steso sotto ai tavolini dove si parlano una ventina tra lingue e dialetti. E loro due, maestro e allievo. Confusi, ma mica due tra tanti.
Il villaggio dove l’attesa s’è fatta euforia
Antonio è Capuano, il regista guida di Sorrentino, l’ottantenne più cool e impetuoso del nostro cinema; Giovanni è Esposito, attore di teatro e di grandi cineasti, ora esordiente su grande schermo con una storia sua spiazzante, Nero, ma popolarissimo come comico in tv, l’interprete che nella notte esplosiva del Maradona si fa paonazzo quando De Laurentiis, comprensibilmente incontenibile, lo indica ai suoi: “Giovanni è uno che potrebbe insegnare il metodo ai miei amici attori americani: solo muovendo il corpo, l’ho visto fare poche volte”. È così questa sveglia partenopea.
Il sabato di un villaggio dove l’attesa s’è fatta euforia: il punto esatto tra goduria e leggerezza, l’ora della gratitudine, neanche sai a chi. La stessa pace al diapason di Gaetano Manfredi, il sindaco, quando alle tre del mattino si leva la giacca, dice sì a una schiera lunghissima di selfie, sport per il quale non va matto, persino con la paziente Cettina, la moglie-medico. Un minuto prima aveva fatto la segreta promessa al boss italiano di Dazn, Stefano Azzi: “Guarda Gaetano, ti ho autorizzato i maxischermi ovunque, ora mi aiuti a fare la lotta al pezzotto?”. Pezzotto, termine glocal: i clandestini dell’abbonamento. E lui dice sì, poi stringe il questore Agricola, ringrazia il prefetto Di Bari. Lunedì, altri 200mila per la sfilata della squadra sul lungomare. “Siamo una città affidabile, se prende un impegno lo mantiene, se deve organizzare fa quello che dice, e bene. È anche la mia politica”, è l’orgoglio di Manfredi. Che sospiro, dopo i mesi dei ragazzi uccisi e delle gang. Che sollievo dopo lo sciame sismico. Proprio la paura di Ciro, anche lui Esposito, 30 anni, manager “emigrato” a Milano, in Cato Networks. “Ho i miei a Bagnoli, le ultime volte li trovo in lacrime, piegati dal bradisismo: e chi se la sognava una notte così dolce al Plebiscito. In azienda mi invidiano, vogliono venire tutti qua, Napoli va di moda”. Via gli spettri, ancora per un po’, quelli veri. Perciò nessuno fa caso al fake leghista, “120 feriti e se non vincevano?”. “Il senatore avrà anomali informatori”, lo liquida Manfredi, british. E Piantedosi: “Bravo ragazzo, ma sbaglia”.
Gli eserciti in sfumature biancoceleste
Il popolo a passeggio. unica scelta, vicoli o mare. I Decumani invasi, i turisti con fame di gioco: la lacca azzurra sul ciuffo, la tshirt di McTominay, trombette, berretti. Avanzano eserciti in sfumature biancoceleste. Giuseppe Allard sta in piedi da 27 ore, piazza ancora bandierine a 2 euro a via Tribunali: “Ho 67 anni, senza pensione, vendo cose di bancarelle, porto turisti in gita, ho fatto la comparsa per Un posto al sole. Il divertimento mio: quando mi dicono meno male che esistono i napoletani”.
Dalla raffinata bottega della Scarabattola (artisti che hanno incantato mezzo mondo con presepi e sculture), esce Lello Scuotto, tornato senza voce dallo stadio, ha la sua teoria: “Hai presente quando prepari un evento per mesi, infiocchetti il locale e scegli il catering? Era la festa di due anni fa, bella. Ma vuoi mettere quando stai male, agguanti la felicità e non sai manco se c’hai la bottiglia in frigo? Qui la festa è nata al novantesimo e profuma ancora”
Vittoria rock e poetica
La città che travolge. Chiedere a Nina Bruni, bellissima, 18 anni, di Arezzo: vestita da “McFratm”, al Gesù Nuovo, ti dice che vuole iscriversi alla Federico II a Napoli “perché amo la città, ma sono cotta della squadra”. Suo padre, scopri, è Pau, frontman dei Negrita, e “ho dovuto comprare una casetta qui, colpa sua, il primo investimento”, ride.
Vittoria rock. Ma anche poesia. Il notaio Dino Falconio, un altro “patologico”, ti dice che nei distinti l’amico caro di esultanza, il suo vicino, “si chiama Gerardo. Dopo tanto tempo che non rispondeva, ho capito che è sordomuto”. E nella notte della gioia ballava anche lui. Quell’immenso film senza il sonoro. E senza perdersi niente. Succede, coi capolavori.