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Allegri, Sarri e i grandi ritorni: quando i vecchi amori si riprendono la panchina

Milan e Lazio hanno scelto il passato, la Fiorentina ci sta pensando seriamente

Passano le stagioni, nuovi braccetti crescono e gli allenatori imbiancano, l’almanacco aggiunge righe sulla carta e rughe sui volti, ma i vecchi amori non si dimenticano, soprattutto nel momento del bisogno. Sarri alla Lazio, Allegri al Milan. Piacere, non è che ci siamo già visti da qualche parte? La Serie A sembra un palinsesto estivo: avanti con le repliche.

Sarri ha allenato la Lazio per tre campionati (2021-2024) meno dieci partite, quelle riferibili all’ultimo, quando si è dimesso. Chiusa là, ma anche no. Il figliolo è sempre prodigo di ritorni. Lotito allarga le braccia (meno il portafoglio) e lo (ri)accoglie così: “Bentornato Comandante”. Il tutto tra le nuvole di fumo delle sigarette (speriamo siano quelle svapo) del tabagista in tuta o più famoso del calcio italiano.

Allegri ha guidato il Milan per tre campionati e mezzo (2010-2014) prima dell’esonero, vincendo uno scudetto al pronti-via. Accadeva quindici anni fa, sembra ieri. C’erano Ibra, Pato, Robinho, Seedorf, Nesta, Pirlo, Thiago Silva, Ronaldinho, Ambrosini. Chi glielo spiega che stavolta dovrà trovare posto a Chukwueze e sperare che Maignan non se ne vada? Canta il poeta che si parte per vedersi ritornare, qui pare che il disco si sia incantato.

La restaurazione nel calcio

È un calcio che vive di restaurazioni. Persino la Juve alla fine potrebbe tenersi Tudor che una settimana fa era già un ex. La Fiorentina pensa a Pioli, la Juventus fino a un attimo fa pensava a Conte. Pensano tutti troppo, e tutti alla stessa cosa. Si stava meglio quando si stava, ognuno aggiunga ciò che vuole. L’illusione è quella di riaccendere il fuoco antico, per sentire ancora quel calore che tanto faceva casa. E’ come se il futuro facesse troppa paura per affrontarlo con il finestrino abbassato e il vento in faccia. Meglio guardare sullo specchietto retrovisore, per vedere se il nostro vecchio sodale – l’amico ritrovato – è ancora lì, impettito e vigile, ad aspettare un cenno. Sarri e Lotito, come due fidanzati che si guardano negli occhi – prendiamoci una pausa – poi finisce a “chiamo io o chiami tu?”. Baroni doveva portare con sé il futuro, è stata un’avventura estiva finita con gli ombrelloni chiusi. Dice: non c’è il progetto. Ma se l’hai abiurato appena girato l’angolo?

I grandi ritorni e i rischi

Allenatori-revenant. Colonna sonora di Bruno Lauzi. Ritornerai. E non riderai. E scoprirai che tutto è cambiato, ma proprio tutto. Allegri, sia detto per dovere di cronaca, in teoria dovrebbe averlo già capito. Cinque anni a fare surf sull’onda della gloria nella sua prima avventura alla Juventus, scudetti in catena di montaggio e l’aura del vincente. La seconda volta un triennio di vacche magre senza campanacci che le tengano sveglie. Però ci è ricascato. Milan, dunque. Sarà che cedere al romanticismo comporta qualche rischio. Non esiste al mondo algoritmo in grado di darci la certezza che il sequel funzioni. Nell’attesa, suggerimento per i club che ancora non hanno assegnato la panchina. Se Pioli dovesse rifiutare, la Fiorentina potrebbe provare a convincere Prandelli. D’altronde: erano bei tempi, i tempi d’oro. E perché l’Atalanta non dovrebbe puntare su Nedo Sonetti? Quella volta andò bene. Ok, era quarant’anni fa e le panchine erano di legno mica con i sedili ergonomici come oggi. Dettagli.

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