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Ranieri dice sì alla Nazionale, la pensione può attendere

L’ex allenatore della Roma manterrà anche il ruolo di consulente dei Friedkin. Il caso dell’incompatibilità affidato all’ufficio legale

L’Italia chiamò, lui ha risposto sì. Claudio Ranieri è pronto a scrivere, stavolta per davvero, il finale perfetto alla sua storia da allenatore. Lo farà coronando il sogno di una vita, guidare la Nazionale. Va trovato l’accordo economico, poi sarà tutto definito. Non verrà meno al suo impegno con la Roma, con cui continuerà a collaborare. Un inedito. Anche se una norma del Regolamento del settore tecnico vieta il doppio ruolo: Ranieri dal 1° luglio non sarà più un tesserato del club giallorosso, solo un consulente dei Friedkin, ma la norma ha maglie molto larghe. Gravina lo ha scelto nell’ora più buia, dopo il disastro di Oslo, e non ha mai cambiato idea. Anche per questo ha accettato di dividerlo con la Roma.

Gravina chiama Friedkin

Domenica il presidente della Figc ha chiamato Dan Friedkin per ottenere l’autorizzazione a contattarlo. Il proprietario del club giallorosso non ha messo un veto, ma ha ricordato dell’accordo in essere con Ranieri, suo senior advisor. Ha quindi tacitamente posto una condizione: va bene Claudio ct, ma a patto di poter contare ancora su di lui. Un desiderio condiviso dallo stesso tecnico. Quando nel tardo pomeriggio di domenica è squillato il telefono, superata l’emozione Ranieri ha manifestato interesse e orgoglio di poter allenare la Nazionale.

L’intoppo da superare

C’era un intoppo da superare, il comma 4 dell’articolo 40 del Regolamento del settore tecnico secondo cui il ct non solo non può allenare un club, non può proprio essere tesserato o svolgere qualsiasi attività per una società. Ma per l’interpretazione dell’ufficio legale della Figc non ci sarebbero limitazioni a chi svolge il ruolo di consulente esterno di una squadra, come nel caso di Ranieri, advisor di Friedkin. Come Ibrahimovic con Cardinale al Milan. Lettura discutibile, ma questione formalmente risolta.

Ranieri la soluzione perfetta

Le alternative sono sfumate velocemente. È arrivato qualche segnale da Mancini, ma i rapporti con Gravina sono lacerati. La candidatura di Pioli, invece, è stata accantonata pure per beghe fiscali del tecnico in Arabia. È stato insomma da subito chiaro che la soluzione perfetta per la successione di Spalletti fosse Ranieri, che già nel 2009 prese il posto di Luciano alla Roma, con cui sfiorò lo scudetto. Chi meglio dell’Aggiustatore, una figura capace di portare sicurezza, senso di appartenenza, concretezza. E con la credibilità per arginare le inevitabili polemiche sul conflitto d’interessi.

L’obiettivo Mondiale

Chissà se Sor Claudio avrebbe mai pensato, lo scorso settembre, che avrebbe vissuto sette mesi esaltanti con la Roma per poi ricevere la chiamata azzurra. La scorsa estate l’ha passata in Calabria, al mare con i nipotini. Però il fuoco bruciava ancora. «Cagliari è stato il finale perfetto — aveva detto in un’intervista su queste colonne — ma mi piacerebbe allenare una nazionale». È arrivata l’Italia, va portata ai Mondiali del 2026. Chiudere da ct, con la Nazionale: l’ultimo capitolo della storia di Ranieri in panchina sembra un film. Manca solo il lieto fine.

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