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Cabrini: “Serve un ct che segua tutti, dalla prima squadra ai ragazzi”

L’ex campione del mondo sulla crisi della Nazionale: “Da troppo tempo Figc e Lega non collaborano. Non vedo progetti”

Torino – Antonio Cabrini, campione del mondo ’82 ed ex ct delle donne, oggi si occupa di padel. «Sto mettendo a punto i campi per un torneo. Però che dispiacere vedere l’Italia così».

Perché la maglia azzurra è sbiadita?«Sono cambiati i tempi. L’Italia esprime un calcio che fa fatica, e se anche arriva in fondo a una Coppa poi prende cinque schiaffi».

Ci sono giocatori che rifiutano la convocazione.«Per quelli della mia generazione, era pazzesco anche solo pensarlo. Noi, semmai, eravamo arrabbiati quando non ci chiamavano. Chiedete a Pruzzo, a cui Bearzot nell’82 preferì Paolo Rossi. Nel 2002 restò a casa Roberto Baggio, che oggi in questa squadra giocherebbe anche con una gamba sola».

Cos’ha pensato vedendo Norvegia-Italia?«Che nel mondo sono cresciuti quasi tutti e invece noi siamo andati indietro. Non siamo più quelli di prima, il calcio italiano non è più un riferimento assoluto. Siamo stati eliminati da Svezia e Macedonia del Nord, all’ultimo Europeo ci ha mandato a casa la Svizzera, ora rischiamo di aver perso un Mondiale in Norvegia».

Perché non nascono più i campioni?«Perché, anche se nascono, poi scaldano le panchine. Ci sarà anche una crisi generazionale, ma secondo me è di sistema. Da troppo tempo Figc e Lega non collaborano. Non vedo progetti. La Nazionale è l’espressione di un intero movimento, bisogna lavorarci partendo da lontano».

Ci faccia l’identikit del ct ideale.«Uno che governi tutte le Nazionali, dalle giovanili alla prima squadra. Un coordinatore, non un tecnico a cui si chiede di vincere la Coppa del mondo dopo due o tre settimane di moduli nuovi».

Servono a qualcosa, i moduli?«Dopo che si è imparato a giocare, non prima. Ai ragazzini servono educatori, non integralisti. I calciatori non devono essere misurati e pesati, ma lasciati liberi».

Ranieri ha fatto bene a rifiutare?«È un uomo saggio, nella sua carriera ne ha viste di cose: ci avrà pensato bene e avrà fatto la scelta più giusta per lui».

C’è una soluzione per la crisi di talenti?«Il mio amico Prandelli dice una cosa giustissima: bisogna creare un club di giovani azzurri che di solito non giocano la domenica, per fargli disputare un campionato vero, come accade nella pallavolo. Un Club Italia di ragazzi titolari, non di riserve che non crescono mai».

Un altro tormentone: è colpa degli stranieri che tolgono spazio.«Nella mia generazione, su 50 stranieri che arrivavano in serie A, almeno 35 erano eccellenze nelle proprie nazioni. Penso a Zico, Maradona, Falcao, Platini… Oggi importiamo calciatori che a volte non si sa nemmeno bene chi siano. E gli italiani, comunque fuori».

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